Casa circondariale delle Novate (Piacenza)

Is 62,11-12 Tt 3,4-7 Lc 2,15-20

Il vangelo proclamato ci ricorda che il Natale, ogni Natale inizia dai pastori, che passano la notte all’aperto. Vegliano “facendo la guardia al loro gregge”. Ci sono descritti come coloro che custodiscono ciò che è stato loro affidato e che è loro più caro: il gregge.

A ciascuno è affidato qualcosa di prezioso, di cui ci si deve sentire responsabili. Qualcosa che è al contempo prezioso e vulnerabile, che dipende dalla cura che ci mettiamo nel custodirlo. È la propria vita. È qualche servizio richiesto. Sono le relazioni e il modo di starci dentro. Per qualcuno è la moglie, i figli… I pastori ricordano a tutti che questa è la cosa che ci deve stare a cuore: stare svegli anche quando è notte, buio. Prioritario è non prendere sonno, cioè non distrarsi e non perdere di vista ciò che siamo e abbiamo. Se siamo fedeli alla nostra umanità si può aprire dell’altro. I pastori ci aiutano a capire come nasce questa novità.

Anche a noi, oggi, è rivolto lo stesso annuncio: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore”. È nato per te, per te… proprio per ciascuno di noi. Senza differenze. Anzi con un amore ritagliato su ciascuno come un vestito di alta sartoria. Un amore singolare, come tu fossi l’unico. A Betlemme c’è Gesù, che è “la bontà di Dio” e “il suo amore per gli uomini”. Bontà e amore riassunti nelle parole dell’angelo. Gesù è convinto che Lui (non noi!) può salvare, rinnovare, rigenerare la vita. A partire dalla sua misericordia. Ciascuno ce la deve mettere tutta, ma anche se dovesse cadere, Lui è lì a rinnovare la fiducia che ce la possiamo fare. È questo l’annuncio che può far mettere in movimento i nostri piedi. C’è qualcUno che mi guarda così. Ci ama senza condizioni.

“I pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme»”. È risuonato l’annuncio che c’è una buona notizia, una grande gioia (“per voi è accaduto qualcosa di grande!”) e loro rispondono così. Notiamo che “si dicevano l’un l’altro”: da soli si fa fatica a mettersi in cammino (pigrizia, sfiducia, stanchezza… ci trattengono). Bisogna sostenersi nelle motivazioni, trovare la compagnia buona. Quando un ambiente (come quello in cui vivete) mortifica l’entusiasmo che nasce in qualcuno, affossa la vita di tutti: ci si deprime, ci si intristisce e riemerge il peggio di noi.

Se invece si rilanciano i desideri che si affacciano al cuore, ci si stimola. Ognuno custodisce anche le aspirazioni dell’altro/a. Bisogna crederci con lui, con lei. Dovete chiedervi chi e che cosa vi fa alzare l’asticella del vostro desiderio di camminare, di crescere, di mettervi alla prova. Chi e che cosa, invece, vi ostacola, rallenta o addirittura vi fa regredire? Può essere qualcuno vicino a voi, ma a volte sono i pensieri che si coltivano, che non si allontanano (“è inutile… non ce la farò…”). A volte è il riemergere forte di quello che abbiamo fatto, o, al contrario, il minimizzare il passato ritenendo che non c’è nulla da cambiare, da maturare. “Io sono a posto… sono gli altri sbagliati!”. In questo caso non si cresce. Si rimane fermi e non si raggiunge nessun traguardo.

“Andiamo fino a Betlemme…”. “Andare fino a” dice che c’è un cammino lungo. Che è faticoso (le conquiste hanno un prezzo!). L’alternativa è di accontentarsi. Perché perseverare non è facile, soprattutto se non si è abituati a farlo. In quel caso si cominciano le cose, subentra la stanchezza e si molla. Per questo sono importanti gli altri, per scambiarci la forza nel perseverare, oltre che per partire.

E i pastori ci confermano che quello che Dio promette, lo troveremo. Potrebbe sembrare poca cosa. In realtà è la strada nella quale il Signore ci riscatta. Ci salva.

Allora l’augurio che ci scambiamo è che l’annuncio di questo Natale ci faccia nascere il desiderio di poter andare da Colui che ci ha già amati, facendosi nostro compagno di Vita. Lui sì “uno di noi!”.

Buon Natale!