Gl 2,12-182
Cor 5,20-6,2

All’inizio della Quaresima l’invito alla conversione si rinnova. Come ogni anno. All’apparenza lo stesso, in realtà sempre nuovo. Un appello che attraversa la storia, ne abbiamo conferma dalle pagine della scrittura appena ascoltate.”Ritornate a me…” “Ritornate al Signore

Lasciatevi riconciliare con Dio“. “Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio“.

Ci verrebbe da dire: oggi abbiamo altri problemi, la realtà delle cose, i fatti ci affaticano. Perché ritornare al Signore?

Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima di quest’anno, facendo eco ad un passo della lettera di s. Paolo ai Galati invita: “Non stanchiamoci di fare il bene” (Gal 6,9). È proprio vero che la vita è un combattimento, una lotta. Come pure che in diversi momenti essa ci appare come una battaglia persa. I risultati tardano, non sono come li vorremmo o li prevediamo… e ci stanchiamo. Ci stanchiamo di crederci prima ancora di provarci.

Stavamo immaginando un’uscita dall’emergenza, che ci ha messi alla prova, ed ecco alle porte dell’Europa uno scenario di guerra che non potevamo immaginare. Ancora incertezza.

“Di fronte all’umana delusione per tanti sogni infranti, di fronte alla preoccupazione per le sfide che incombono, di fronte allo scoraggiamento per la povertà dei nostri mezzi, la tentazione è quella di chiudersi nel proprio egoismo individualistico e rifugiarsi nell’ indifferenza alle sofferenze altrui” (così Papa Francesco). Rimuovere, passare sotto silenzio è il nostro rifugiarci, il metterci al riparo da qualcosa che ci fa stare male. Quando scrive questo messaggio il Papa è ben lontano da immaginare cosa oggi si è aggiunto.

È proprio vero che le nostre forze sembrano esaurirsi, per questo si fa ancora più pressante la necessità di alzare lo sguardo su Gesù, il Signore della storia. Riporre in Lui, e non in noi stessi, la speranza. Così si recuperano energie e forze, così si rianima la fiducia e la speranza. Intuiamo proprio oggi, in questo tempo quanto sia indispensabile ritornare a Lui. È veramente un tempo favorevole.


Non stanchiamoci di seminare. Questo è tempo della semina e la semina sembra essere il momento dello spreco, del gettare un seme che si spera dia futuro. Credo che questa stagione chieda di investire in fiducia. Vista l’incertezza che incombe, che ci sovrasta, potrebbe apparire una contraddizione: aspettiamo tempi migliori, più favorevoli. Francesco ricorda le parole di s. Paolo: “Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà…” (2Cor 9,6).

Ce l’ha messo davanti gli occhi il periodo più drammatico della pandemia: quante risorse si sono attivate. Quanta generosità è stata messa in gioco.  La vita non respira quando stringe, quando si chiude. È destinata a soffocare. Questo tempo è un invito ad accogliere, a porre gesti di vicinanza, di solidarietà. È occasione per aprire i nostri orizzonti. La guerra non si combatte solo al fronte militare, c’è un fronte accanto a noi, in noi. Perché i nemici sono anche dentro di noi. E forse sono quelli più difficili da riconoscere e da affrontare. Così si combatte ogni logica di morte, di guerra. Ogni conflitto tende a catturare l’altro dentro alla stessa logica di ostilità. Usciamo dalla logica dell’avere un nemico da combattere.

In questa fase della storia c’è bisogno che siano seminate, nel campo della convivenza, prossimità, generosità, riconciliazione. Lasciamoci conquistare dalla logica dell’amore, che è la logica di Dio. Per queste ragioni, questo è proprio un tempo favorevole.


Perché non cada invano l’invito del Signore, proponiamoci delle scelte che vadano sulla linea di quello che il Signore oggi ci ha raccomandato. Facciamo un esercizio di speranza: vigiliamo sui nostri pensieri e sulle nostre parole perché non cadiamo in considerazioni lamentose, sfiduciate. Asteniamoci dai discorsi che non favoriscono la crescita della fiducia. Da ciò che divide, separa, alimenta la conflittualità. Anche questo è digiuno. Piuttosto cogliamo e comunichiamo ciò che è motivo (anche debole) di speranza e fiducia.

Proponiamoci un esercizio di amore, di carità, magari facendo entrare nei nostri interessi, nei nostri pensieri coloro che si trovano nelle situazioni di ingiustizia e di sofferenza, tanto più se ci inquietano, ci fanno star male.

Accompagniamo il tutto con un esercizio di preghiera: intercediamo presso il Dio della Pace, Padre di ogni consolazione, affidando a Lui quelle persone che magari possiamo accostare, aiutare e sostenere solo in questo modo.