Piozzano

At 28,16-20.30-31 Gv 21,20-25

Con l’ironia che non gli difettava d. Olimpio avrebbe detto di aver organizzato il tutto perché nel giorno del suo compleanno ci fosse tanta gente. Oggi infatti avrebbe compiuto 104 anni. Se penso che quando sono arrivato nel 2020 era ancora parroco e ancora raggiungeva Piozzano con la sua auto, possiamo veramente dire che agli anni si è aggiunta tanta vita. Tanto sevizio. Tanta generosità. La sua identità personale ha coinciso con la sua identità presbiterale. E questa con il suo essere parroco.

Ripercorrere questa identità integrata dalla fede e nella fede ci apre alla pagina del vangelo di Giovanni, che è appena risuonata, nella quale ritorna il “discepolo che Gesù amava”. Di Colui, ci dice il quarto vangelo, che con confidenza aveva chiesto nella cena, chinandosi sul petto di Gesù, cioè nel suo cuore: “Signore, chi è che ti tradisce?”.  

E’ efficace rileggere la vita di d. Olimpio, e credo di ogni sacerdote, come la vita di un discepolo. Di chi ha mantenuto viva nel tempo la chiamata iniziale a seguire Gesù. Giovanni è discepolo perché custodisce quella domanda che viene rivolta a Gesù: “Dove abiti?”. Dov’è il tuo cuore, la tua dimora? Dov’è il segreto della tua vita, Rabbi? Fintanto che questo desiderio è contenuto nel cuore, si rimane discepoli. Solo continuando a rivolgere a Lui la domanda di entrare nella sua intimità, il discepolo non ritorna a farsi maestro e padrone della propria vita. A me sembra che lo Spirito dell’essere discepolo sia rimasto nel profondo della coscienza di d. Olimpio. Prova ne sia che quando gli ho chiesto, per obbedienza, di non guidare più l’auto, egli ha colto questo come un comando a cui non poteva venir meno. E’ stato determinato fino alla fine, ma sempre consapevole che doveva rispondere a qualcuno.

Discepolo che Gesù amava. Il discepolo riconosce di vivere un debito di riconoscenza per un amore ricevuto, che fa un tutt’uno con la tua identità. C’è qualcosa che mi determina: è la certezza di poter contare sull’amore di Gesù. Un amore già dato e che rimane. E’ garanzia per il futuro. Il prete è il discepolo che testimonia con la sua persona, prima o insieme alle sue parole il per-primo di Dio e del suo amore. Per questo non può che essere missionario.

Don Olimpio ha custodito uno spirito missionario che non è venuto meno neanche quando per età ed energie ha dovuto abbandonare le sue performances, chiamandole così, delle missioni popolari. Pensiamo alla creativa forma di spettacolo itinerante, con d. Achilli, di catechesi e di missioni. Era una vera e propria forma missionaria, per raggiungere tutti, nelle loro realtà. Ma è stato missionario anche sostenendo alcuni istituti religiosi nelle loro missioni. Sono presenti non a caso le suore di mons. Torta che hanno conosciuto la sua generosità. Ultimo desiderio, custodito nel testamento in cancelleria, è proprio su questa linea, di destinare alle missioni ciò che rimane del suo patrimonio.

Mi piace ricordare che l’ultimo nostro incontro è stato nella celebrazione della messa nella Pia Casa  Castagnetti. Possiamo dire il viatico speciale che lo ha accompagnato con la sua Chiesa all’incontro con il Padre.

Affidiamo d. Olimpio all’abbraccio con il Padre, esprimendo gratitudine al Signore per questa lunga esistenza donata e a tutte le persone che lo hanno custodito in canonica a Pianello, i volontari che gli hanno permesso di continuare il suo servizio e un grazie al personale della Pia Casa, che lo ha accolto e accompagnato con cura.