Ap 21,1-5

Stiamo concludendo le celebrazioni per i 500 anni di questa Basilica mariana. A pieno titolo il Santuario della città. Ma nel suo nome è raccolto anche il territorio della campagna. Il cardinale Re, nella celebrazione di apertura di questo anniversario, al termine dell’omelia ci affidava a Maria perché intercedesse presso Dio e ci aiutasse “a camminare in serenità verso il futuro”.

Anche noi stasera, come già l’anno scorso, avremmo voluto camminare con Maria attraverso le vie della nostra città, in una specie di pellegrinaggio a quei “santuari di sofferenza e di carità” dei quali la nostra città è disseminata: il Vittorio Emmanuele (custode dell’umanità indebolita); l’ospedale (luogo di cura per antonomasia dell’umanità provata); la chiesa di S. Sepolcro (richiamo della fraternità ferita); il quartiere Ciano (testimonianza delle periferie sociali, di ieri e di oggi). È importante associare alla devozione mariana questo ‘pellegrinaggio’ perché Maria è donna del cammino. Donna della visitazione. Raggiunta dall’annuncio sorprendente dell’angelo, Maria “in fretta” si mise in viaggio. È ancora ignara della forza di grazia che porta in grembo. La sua preoccupazione è di riconoscere il segno che l’angelo le aveva indicato. Per questo motivo visita Elisabetta, perché le è indicato un umano abitato da Dio, dalla sua opera. Le indica dove Dio ha posto la sua dimora. Di fatto Maria non va prevalentemente per aiutare Elisabetta, perché in questo caso sarebbe rimasta anche per il parto e per il periodo successivo. Questo aspetto di Maria ci consegna un invito a considerare i ‘luoghi di vita’ ricordati, situazioni dove c’è una grazia, dove c’è una presenza del Signore a cui si può attingere che può sostenere la nostra vita.

Abbiamo sicuramente bisogno, per abbattere i nostri deliri di onnipotenza e la ricerca di ottenere prestazioni sempre al massimo, di ‘luoghi’ dove siamo messi di fronte alla nostra realtà bella e fragile insieme. Abbiamo bisogno di incontrare testimonianze autentiche di una fede e di una speranza impastate con le fatiche e le debolezze della vita. Abbiamo bisogno di osservare (stupiti) tanta carità di cura che quotidianamente qui si manifesta. E oggi giornata mondiale degli infermieri vogliamo esprimere la nostra gratitudine e preghiera per tutti questi operatori della salute.

Li ho chiamati “santuari di sofferenza e di carità” perché laddove l’umano patisce, si mette in moto una passione che dice che l’umano è abitato dalla forza dello Spirito d’Amore. È salutare tenere insieme la sofferenza con la sua cura: ci permettere di non cadere disperazione.

Sono convinto che tanta litigiosità, tanta insoddisfazione, così come le diverse forme di corsa ai successi effimeri… si alimenti dalle bolle che ci avvolgono e ci imprigionano: bolle in cui viviamo un io drogato.

Maria è la donna dell’umiltà che cammina verso il futuro, il futuro che il Signore le ha promesso e le ha garantito. Quel futuro lo porta in sé e lo scopre incontrando quell’umanità che va a visitare. Perché solo in questo andare verso, in questo uscire per incontrare e riconoscere la presenza dell’opera di Dio nell’altro, si sprigiona il tesoro, la bellezza, la grazia che c’è in noi.

Maria, che qui ricordiamo come custode della nostra città e quindi di ciascuno di noi ci mantenga in cammino verso quel futuro personale, ecclesiale e umano che il Signore ha già avviato.

12.05.2023