Il mio saluto alle autorità convenute nella festa di s. Basilide, patrono del Corpo di Polizia penitenziaria, e alla Direttrice della Casa circondariale. Ma credo di interpretare il pensiero di tutti costoro nel dare a nome mio e loro il più caloroso saluto a voi agenti di custodia, uomini e donne, che operate in questa Casa circondariale. È un saluto riconoscente per la qualità del vostro servizio, apprezzato dagli stessi detenuti e detenute che in vario modo hanno espresso un generale riconoscimento dell’impegno che esprimete nell’assolvere il vostro dovere.

E in questo momento non possiamo comunque dimenticare coloro che qui sono reclusi, per l’esecuzione della pena o in attesa di giudizio. Lasciatemi passare l’espressione: appartengono al vostro servizio e quindi di fatto sono parte della vostra vita.

Ci possiamo chiedere: perché un Patrono? Perché per voi e per il compito a voi affidato? Mi verrebbe da dire immediatamente perché la vostra professione ha a che fare con un’ambiente particolarmente complesso, difficile da affrontare correttamente e delicato. Infatti siete collocati al centro di un incrocio di vicende umane assolutamente singolari, siete dentro a questioni giuridiche e all’interno di scelte civili e politiche dibattute. Si tratta di nodi che solo il loro elenco è eloquente: la relazione tra giustizia e pena (certa); la finalità delle strutture detentive; il rapporto tra passato (colpevole) e futuro (da immaginare e da costruire); le attenzioni verso i soggetti implicati in comportamenti delittuosi; le relazioni tra carcere e territorio.

Certamente non competono a voi molte di queste questioni, ma il vostro lavoro si svolge qui. Voi ci siete dentro. E non solo con il compito di vigilare: siete immersi in relazioni quotidiane con un carico di attese, talora di pretese, di speranze e di delusioni, sicuramente a contatto con tanta rabbia.

E in questo groviglio di stati d’animo voi ci state con le vostre personali attese, speranze, preoccupazioni e progetti (personali e familiari).

Quanto ho solo accennato giustifica la necessità di un Patrono, che vi possa sostenere, aiutare e proteggere. Perché riusciate a coniugare quotidianamente professionalità e carica umana. Se la passione è richiesta in ogni lavoro, molto di più lo richiede il vostro compito.

S. Basilide, che vi è consegnato come patrono, si propone a voi prima di tutto per la sua serietà professionale: questo soldato svolge il suo compito (di accompagnare i condannati a morte) garantendo il rispetto anche per i condannati. Lo eserciterà verso Potamiena e la madre, Marcella, (due donne messe a morte per essere cristiane), divenute per questo motivo oggetto di offese e minacce da parte della folla. Basilide non era ancora battezzato, anche se simpatizzante, ma è colpito profondamente dalle persone che accosta e da ciò che vede. È attento osservatore di quello che c’è in queste donne, indifese ma piene di dignità. E questo suo sguardo gli cambia la vita, gli provoca una vera e propria conversione al cristianesimo. La testimonianza di fede e di coraggio di queste donne lo spinge ad abbracciare la stessa fede e il conseguente martirio. Così insegna che non c’è situazione umana che non possa interpellare la nostra esistenza. A condizione che nel lavoro e nelle cose che si fanno la nostra umanità sia veramente in gioco.

Allora affidiamo il vostro servizio, che lo sappiamo mette spesso alla prova, a S. Basilide perché vi sostenga e vi renda corresponsabili del cammino delle persone che vi sono affidate. Possiate avvertire come il vostro lavoro collabora in vista della ricostruzione umana e al riscatto di quanti approdano qui. Come pure possiate avvertire la preziosità del vostro contributo rispetto alla convivenza civile, che anche attraverso di voi qui può aprire percorsi di riconciliazione e di pacificazione.