S. Maria di Campagna

At 11,1-18 Gv 10,1-10

Dopo aver pregato per l’elezione del nuovo Papa, siamo qui a rendere grazie al Signore per il dono di papa Leone XIV. I pronostici sui papabili e le letture sulle strategie dei diversi schieramenti sono stati, per l’ennesima volta, smentiti. In quattro votazioni si giunge ad una convergenza solo perché c’è una docilità a ciò che lo Spirito Santo suscita e uno sguardo di comunione maturato nelle precedenti Congregazioni. Credo che già questo segnale sia motivo di ringraziamento: il Signore ha manifestato di essere Lui a guidare la sua Chiesa, allo stesso modo di quanto abbiamo sentito nel racconto degli Atti, con l’apertura del Vangelo ai pagani. Le sorprese di Dio hanno segnato fin dai suoi inizi la Chiesa. Non cadiamo nella trappola delle narrazioni ricorrenti di fazioni e di partiti. Il dibattito nella Chiesa è salutare, ma alla fine prevale il desiderio di camminare in comunione, dietro a Gesù.

Io sono la porta delle pecore”. In questi primi giorni del suo pontificato papa Leone ci ha ricentrato con forza su Gesù. Lo ha fatto richiamando la necessità e l’urgenza di ripulire, in un certo senso, Gesù da tutte quelle immagini riduttive e distorte che ci impediscono di entrare nella vita attraverso la sua vera identità. In Lui troviamo il vero uomo e il vero Dio. Ci ha detto infatti che una fede in Gesù smarrita porta spesso con sé drammi su più fronti, aggiungendo che “anche oggi non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto” (Omelia nella messa con i Cardinali il 09 maggio).

Il ricentrarsi su Gesù l’ha anche declinato in riferimento al suo ministero. In giorni nei quali la figura del Papa è stata sovraesposta, papa Leone ci ha ricordato “l’impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato (cfr. Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”. Anche in questo modo egli ci ha ricondotto al cuore della presenza della Chiesa nel mondo e del ministero che deve essere sempre a servizio di questo compito: l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci è mai permesso di prendere il posto di Dio e di Gesù.

Questo mandato, come tutta l’esperienza della prima comunità ci testimonia, è di intercettare le sfide che il Vangelo incontra nella storia. Spiegando la ragione della scelta del nome che si è attribuito, ha individuato in Leone XIII il Papa che ha saputo porsi all’interno della prima grande rivoluzione industriale cercando di declinare il messaggio evangelico in un cambiamento d’epoca. Consapevole – come è stato puntualmente richiamato da papa Francesco – che questa nostra stagione ha la medesima caratteristica, ha riassunto la missione della Chiesa nella medesima preoccupazione: assumerci la responsabilità in “difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”. Ha in questo senso ribadito che questo tempo è tempo favorevole per il Vangelo.

Vorrei concludere riandando al saluto con il quale Leone XIV si è presentato a Roma e al mondo: “La pace sia con voi!”. È un saluto liturgico, forse ci siamo abituati a sentirlo e a rispondere: “E con il tuo spirito”. Ma le sue parole lo hanno fatto risuonare con forza. Sono le sue prime parole da Papa. Sono le parole del Risorto. Parole scaturite dalla novità della Pasqua. Un saluto tutt’altro che banale che può dare inizio a una relazione “disarmata e disarmante”, a una volontà di augurare il bene per l’altro e quindi anche per sé.

Signore Risorto, ti ringraziamo perché ci hai voluto assicurare con questo saluto che tu continui a rimanere Vivo, tra noi. Che continui a far sorgere strumenti di Pace.