Is 40,1-11 Mt 18,12-14

Se mettiamo in sinossi la due pagine che la liturgia ci propone scorgiamo una sequenza interessante e illuminante.  Nella prima pagina del profeta Isaia c’è un crescendo (che viene ripreso dal ritornello del salmo) verso l’agire con potenza di Dio (“Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio”). Il potere evoca in noi forza, risultato, efficienza. Invece la conclusione, che di fatto  introduce la pagina evangelica, parla di ben altra potenza (“Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”). Non siamo abituati a simile potenza, espressione di delicata cura.

La domanda “con quale potenza si manifesta Dio?” trova risposta nelle parole di Gesù.

Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?

No!! Sarebbe sciagurato: novantanove a uno non c’è paragone! E poi lasciarle sui monti, esponendole a pericoli maggiori. Non ci è detto, poi, perché si sia smarrita: potrebbe trattarsi di un allontanamento colpevole. Per di più il pastore non è certo di trovarla. Se riesce a trovarla “si rallegrerà più che per le novantanove”. Una pecora vale le altre novantanove. Che strano: si rallegrerà, non la prende a frustate perché le serva da lezione. Con i nostri criteri più che potenza, si tratta di debolezza, di buonismo.  C’è un modo per comprendere la grandezza di questa potenza: collocarsi dalla parte della pecora smarrita e scoprire così che valgo come tutte le altre insieme.

E’ commovente sapere che Dio mi cerca e che spera di trovarmi. Di regola noi abbiamo capovolto il rapporto con il Signore: siamo convinti di essere noi a cercare il Signore (“sono in ricerca”). In realtà io/tu…tutti siamo ‘ricercati’, con la (sua) speranza di essere trovati. Ci spera, perché il risultato non dipende solo da Lui. Capiamo che siamo difronte ad una potenza disarmante e disarmata del Signore, del buon pastore. Egli è onnipotente nell’amore. Il Padre ha un pensiero che lo guida: “che neanche uno di questi piccoli si perda”.

E’ uno straordinario manifesto politico-rivoluzionario, è un manifesto educativo, economico, sociale: avere a cuore chi non ce la fa a tenere il passo. Non far prevalere il giudizio sulla situazione in cui uno si trova (“se l’è voluta…”, “gli sta bene…”). Vorrei porre la nostra attenzione sul dibattito circa la meritocrazia. Il quotidiano Avvenire un po’ di tempo fa aveva sollecitato una più approfondita riflessione e valutazione, perché il merito non può prescindere dal punto di partenza e dalle risorse di cui uno può contare nel cammino. 

La ricerca di qualcuno, là dove è andato a finire, è scomodante e il risultato non è certo. Per l’evangelista Matteo la pecora torna dalle altre non sulle spalle del pastore, cosa che fa pensare che si sia messa dietro a colui che pazientemente, tenacemente e coraggiosamente l’ha cercata. Ma con le sue gambe. Un ulteriore annuncio che parla di dignità riconosciuta alla pecora smarrita fino alla fine.

Se noi potessimo pensare al venire di Gesù nel Natale come questa sua ricerca appassionata, che ci raggiunge dove siamo, sarebbe un bel e un buon Natale. Avremo scoperto il volto e il cuore di un Dio per il quale uno vale veramente novantanove, per non dire cento!

Buon Natale.