Mt 11,2-11
Attraverso la figura del Battista oggi siamo introdotti in un’altra condizione dell’attesa. Ce la offre Giovanni Battista nella situazione in cui si trova: il carcere. È imprigionato. Lo sappiamo dal racconto evangelico, e quando Gesù, quando gli giunge la notizia, “si ritirò nella Galilea” (4,12). Si capisce che il tempo di carcerazione è lungo. E non è difficile intuire come il Battista stia vivendo questa sua condizione rispetto a ciò che aveva annunciato: “il Regno dei cieli è vicino”. Se fosse stato veramente Gesù colui che doveva venire dopo di lui… perché tardava nell’operare il giudizio finale?
Non dimentichiamo poi che una delle opere messianiche annunciate da Isaia era la scarcerazione dei prigionieri. E lui da tempo ormai era rinchiuso in carcere! L’abbiamo ricordato domenica scorsa: il Battista è scandalizzato da Gesù, perché non corrisponde a ciò che aveva immaginato. E questo sulla sua pelle. Gesù stava mettendo in discussione la sua attesa: sembra disinteressarsi di ciò che sta subendo.
L’attesa del messia fa i conti con una sconfitta, una persecuzione… non è più nelle condizioni di essere “voce che grida”. Giovanni Battista si trova così a non saper più che cosa attendere. Delusione. Di-sperazione…  confusione. È il suo stato d’animo. Perché ha sentito parlare delle opere di Gesù e non sa cosa pensare. È anche questo l’attesa del Signore.
Sei tu o dobbiamo aspettare un altro? Di fronte all’incertezza, alle risposte che non arrivano o che non ci soddisfano, si cerca altro a cui affidarsi. Un’altra religione, altre esperienze religiose forti emotivamente, un altrove….
Nelle parole di risposta di Gesù: “e beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” troviamo la grandezza del Battista. Maestro dell’attesa patita. Non capisce e tuttavia continua a cercare. In catene mantiene un cuore libero e appassionato dalla venuta del Messia. Per questo manda suoi discepoli ad interrogare Gesù. Forse anche per indirizzare loro alla comprensione: chiedete direttamente a Lui, a Gesù. Come capita nel Vangelo, anche qui siamo in presenza di un intreccio di domande: domande poste e risposte date. Non dobbiamo temere di avere dubbi. Piuttosto preoccupiamoci quando ci rifugiamo nello scontato, nel già vissuto, nelle formule accomodanti. La fede è tutt’altro che tranquilla. Attesa è anche volontà di capire. È disponibilità ad entrare in un volto di Dio paziente e misericordioso, senza provare scandalo.
Andate e riferite…”. Gesù risponde indicando parole e segni: ascoltate e guardate. Si tratta del compimento di ciò che Dio aveva promesso. Abbandonate le vostre attese per affidarvi alla Parola di Dio. Quante volte patiamo lo scandalo (alla lettera inciampiamo) perché il Signore non risponde alle nostre attese, non risponde ai nostri schemi! Anche Giovanni deve essere evangelizzato: riconosci dove si sta realizzando il Regno. In Gesù, nella sua persona, così com’è. Accetta tutto di Gesù! Anche quello che può essere difficile da spiegare e da comprendere subito. Risuonano anche per lui le beatitudini: Beati i poveri… i miti… i perseguitati per la giustizia… Dio è dalla parte della vostra attesa. Di un’attesa che sembra smentita dai fatti.
Congedati i discepoli del Battista, Gesù gli dà testimonianza: egli vi attira -sottolinea Gesù- non perché, spinto dalla direzione del vento, è compiacente a tutti né per il suo look, per il fascino che abbaglia, ma perché parla per conto di un Altro. Parlando del battista Gesù parla a noi: che cosa ti affascina, dove sei disposto ad andare? Egli ci invita a verificare cosa attira realmente anche noi. Gesù mette in luce il fatto che attrae il nostro cuore quello che cerchiamo, ciò che riteniamo bello e necessario per noi. Allora quello che attira la nostra attenzione, la nostra considerazione mostra quello che in profondità è importante per la nostra vita e per la nostra persona. Dove cioè ci stiamo dirigendo.
Oggi siamo nel convento dei frati minori di Santa Maria di Campagna. Uno spazio francescano, che custodisce le intuizioni spirituali di Francesco di Assisi. Non a caso siano qui perché anche la sua vicenda personale evoca per molti aspetti quella di Giovanni Battista. Potremmo leggerla come una sua riedizione. Ascoltiamo.