Borghetto – 11/09/23

Col 1,24-2,3
Lc 6,6-11

Ci ritroviamo qui, nella chiesa e nella comunità parrocchiale dove don Luigi ha vissuto il suo ministero sacerdotale e pastorale per ben 41 anni. Un legame profondo quello che si è creato: con lui e grazie a lui questa parrocchia ha camminato nella fede, ha costruito relazioni comunitarie, è stata raggiunta dal Signore che si è fatto compagno di viaggio, assicurando le grazie necessarie. E questa comunità (insieme a quelle di Muradello e di Roncaglia) è stata per don Luigi luogo di quella salvezza che il Signore opera nella sua Chiesa e attraverso di essa. Allora proprio qui dobbiamo celebrare la Pasqua di Risurrezione di questo discepolo fedele. Questa è la comunità dalla quale parte, con tutto il suo presbiterio, per l’incontro con il Signore. Noi tutti siamo testimoni, come dice S. Paolo, del suo faticarsi e del lottare per il vangelo, per compiere la missione affidatagli da Dio come ministro.

S. Paolo, nella pagina della lettera ai Colossesi, proietta una luce non solo sul ministero sacerdotale di don Luigi, ma anche su quello di ciascuno di noi, sulla vita e la vocazione di ognuno, qualunque essa sia.

Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo Corpo che è la Chiesa”. Ciascuno, in quanto parte del Corpo di Cristo, è la carne del Signore Risorto che continua a manifestare l’amore per l’umanità intera. Anche la sofferenza causata dalla fedeltà alla nostra chiamata e al servizio che ci è affidato è partecipazione a questo Amore. L’amore di Cristo non si dà dentro alla storia degli uomini fuori della logica della croce, della passione.

Oggi vogliamo raccogliere davanti al Signore l’esistenza di don Luigi che con il suo tratto discreto, umile, diremmo senza ambizioni, ha vissuto l’offerta di sé nella dedizione alle comunità parrocchiali e nel servizio all’insegnamento. Ha insegnato per una ventina di anni negli istituti professionali. Sappiamo bene che in questi corsi spesso riescono a trovare motivazione e formazione ragazzi che altrimenti sarebbero destinati alla dispersione scolastica. I loro percorsi personali, familiari e scolastici possono essere la causa delle loro difficoltà. Per questi motivi non è facile stare in relazione con questi giovani, perché ci richiedono un supplemento di sensibilità, una predisposizione all’empatia. Ecco perché mi ha colpito favorevolmente il lungo servizio di d. Luigi a questi giovani. Sono convinto che esso ci consegna qualcosa di prezioso che gli apparteneva.

Per entrare nel cuore di questa sua esperienza ci viene incontro l’episodio del vangelo ascoltato, nel quale Gesù guarisce quest’uomo con la destra paralizzata. La destra, nella Scrittura, è il braccio dell’azione e della forza. Quindi quest’uomo, con la destra paralizzata, non è in grado di esprimere le sue potenzialità, è limitato nel suo agire. Gesù opera prima di tutto mettendolo al centro. Lo rende protagonista. Invita tutti a guardarlo senza precomprensioni, mettendo come unica preoccupazione la condizione in cui si trova. Ripercorrendo i gesti e le parole di Gesù, alla fine il miracolo non è frutto di qualche gesto taumaturgico, bensì la conclusione di un incontro che ha al centro un invito (“Tendi la tua mano!”) e la risposta fiduciosa di questo tale a fare quanto gli era stato comandato. L’origine della guarigione nasce da una doppia fiducia: quella di Gesù verso la possibilità per questo uomo di stendere la mano e quella di costui che si fida delle parole di Gesù. È la fiducia verso Gesù che realizza la guarigione. Gesù ci affida l’opera di ripristinare le possibilità che ognuno ha in sé e che per molti motivi sono penalizzate, paralizzate. Semplicemente con lo stare accanto, mettendo l’altro al centro, infondendo fiducia. Credo che in questo movimento possiamo riconoscere le caratteristiche che don Luigi ha vissuto nel servizio offerto a tanti di questi ragazzi: è stato il suo contributo perché riacquistassero le capacità per agire, per esprimersi umanamente e professionalmente.

Vorrei ricordare anche i suoi ultimi anni passati al Cerati, nei quali è stato accolto e custodito nella fase in cui, limitato nel corpo ha comunque testimoniato a tutti serenità e affidamento. Ringrazio di cuore quanti in modi diversi si sono presi di lui.

Consegniamo ora tutta la sua esistenza cristiana e sacerdotale al Dio della misericordia: a noi è concesso di custodire una minima parte di questo lungo cammino di fede e di carità. Siamo certi che Lui, invece, non lascia cadere nessun gesto, anche il più piccolo e nascosto, che partecipa del Suo amore. Lui, il Dio della Vita, sa dare eternità all’amore che ha animato la vita di d. Luigi, ministro della Pasqua di risurrezione che fondava la sua speranza e che alimenta la nostra.