Ap 20,1-4.11-21,2

Lc 21,29-33

 

La liturgia della Parola in questi ultimi giorni dell’anno liturgico offre il contesto di fede per celebrare il congedo da questa vita del nostro fratello d. Enzo.

Per un battezzato la vita e la morte non si comprendono che alla luce di quanto il Signore ci rivela nella sua Parola. E questa pagina dell’Apocalisse ci parla di un cielo nuovo e di una terra nuova che sostituiscono quelli che scompaiono, quelli che non ci sono più. E ancora introduce quel giudizio che attende tutti i morti, senza distinzione. L’Abisso della morte viene aperto con una chiave in possesso dell’angelo che scende dal cielo. Il Risorto ha il potere su quella morte che piuttosto ci appare sempre come una vittoria sulla vita. La morte porta con sé il senso della sconfitta sul desiderio di vita presente in noi, ma in realtà che proviene da Dio, il Dio della vita.

Tutti stanno davanti al trono e la vicenda di ciascuno è rappresentata da quel libro, o meglio da quei libri: con le proprie opere ciascuno scrive la sua biografia. Biografia scritta e quindi disponibile per essere letta da tutti. Un libro che è un intreccio tra la cronaca, i giorni che viviamo su questa terra e quel rapporto con il Signore Gesù che si compie proprio dentro alle vicende che viviamo. Anche Lui scrive nel libro della Vita. È molto bella questa immagine: le nostre scelte, i nostri comportamenti non sono dimenticati. Al contrario, scrivono pagine di vangelo. L’abbiamo sentito domenica scorsa nella pagina del giudizio finale: niente viene perduto, niente viene risucchiato nell’Abisso della morte, ma tutto il bene è custodito in Dio-Amore. E non si tratta di eventi eroici, bensì di gesti piccoli, anche dimenticati da noi stessi. Ma proprio perché appartengono all’Amore di Dio in noi, essi vengono salvati e custoditi. E noi, in quei gesti, ci siamo, abbiamo dato un profilo alla nostra identità. Per questo noi possiamo sopravvivere alla morte perché uniti a Cristo e quindi partecipi della sua stessa vita.

Oggi questo vale per d. Enzo: nei suoi 65 anni di vita sacerdotale, nei 92 di vita battesimale tutto ciò che ha partecipato della vita di Cristo, viene ora aperto, come un rotolo, viene srotolato perché appaia in tutta la sua verità e unicità.

C’è un cielo nuovo, c’è una nuova terra nei quali egli entra. Il cielo e la terra passeranno, la parola, la promessa di Gesù non passa. Rimane.

Don Enzo è stato ministro della Parola che salva. È stato annunciatore di quella Parola che, essendo prima di tutto rivolta a chi è chiamato ad annunciarla, lo ha fatto entrare nel cuore di Dio. Essa promana dalla sua misericordia. È il segno evidente di essa, perché la Parola è capace di generare qualcosa di nuovo, qualcosa di inedito. Ecco, la Parola di misericordia non passa, rimane. Oggi più viva che mai: essa annuncia a d. Enzo che si sta aprendo quel nuovo cielo, il cielo di misericordia del Padre.

Nessuno di noi può presumere di non aver bisogno di quell’abbraccio misericordioso, e noi siamo certi, nella fede che ci ha raccolto qui, che quell’abbraccio sta aspettando questo figlio amato, per introdurlo nella pace del suo Regno.