Is 60,1-6
Ef 3,2-3a.5-6
Mt 2,1-12

Idealmente ci colleghiamo alla canonizzazione del vescovo Scalabrini avvenuta in Piazza S. Pietro il 9 ottobre scorso e alla messa di ringraziamento che abbiamo celebrato in questa Cattedrale, nella quale abbiamo voluto porre un segno della presenza tra noi di quanti migrano, ma che vorremmo trovassero una casa, una famiglia tra noi. O meglio con i quali vorremmo fare casa e famiglia.
Epifania significa manifestazione. Questa celebrazione è un’epifania, il riconoscimento che ciò che celebriamo è in atto. “Alza gli occhi intorno e guarda”: noi stiamo raccogliendo l’invito, che ci è giunto dal profeta Isaia, ad alzare gli occhi e a guardare intorno non con la preoccupazione timorosa e impaurita, ma con lo stupore che trasforma le cose.
Quando con i giovani sono giunto a Tor Vergata nella Giornata mondiale della gioventù del 2000, di fronte a quella distesa di persone accampate in qualche modo, mi sono immediatamente sorte una sequenza di preoccupazioni, tipiche di un adulto che si sente responsabile dei giovani che gli sono stati affidati. Confesso che era forte il dubbio di essere nel posto giusto. Quando, girando lo sguardo per osservare, ho incrociato il volto felice di Valentina con gli occhi che brillavano e con un grande sorriso mi dice: “Don, quanti siamo! Che bello”. In quel momento è cambiato anche il mio sguardo, riconciliato con quella realtà grazie agli occhi più liberi di Valentina. Porto in me questo flash ogni volta che rischio di vedere la realtà in modo preoccupato e mi ricordo che c’è anche lo sguardo diverso della Valentina di turno che coglie nello stupore la rivelazione presente nelle cose. “Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore… perché verrà a te la ricchezza delle genti”. Oggi siamo invitati a guardare la realtà della presenza tra noi di tanti fratelli e sorelle che vengono da ovunque (e le bandiere ce lo ricordano -per difetto- in modo immediato), come il compiersi per noi oggi del convergere di tutti verso quella Betlemme che rappresenta Gesù e la sua luce.
Ci è chiesto di cambiare lo sguardo perché tutti, senza distinzioni siamo qui per adorare il Bambino. Troppo spesso il nostro sguardo si limita – diciamo così – ai bisogni di chi per lo più arriva a noi precario e bisognoso di aiuto e di sostegno. E questo rischia di farci dimenticare che sono fratelli e sorelle in umanità, con la loro ricchezza, della quale abbiamo bisogno per arricchirci. Sono fratelli e sorelle alla ricerca di una luce che illumini e riscaldi il loro presente e il loro futuro. Come d’altra parte noi tutti. Sono fratelli e sorelle, non di rado, in Cristo. Essendo anche loro immersi nella vita di Cristo sono – con noi – suo corpo: “le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Così ci ha ricordato S. Paolo. Ciò che è promesso e offerto a noi – che non possediamo né possiamo rivendicare come un diritto – è per tutti, fin dall’inizio. Corriamo il rischio di pensare che sia “anche per loro”, dopo che lo è stato per noi. S. Paolo ci dice piuttosto che nessuno ha l’esclusiva o la primogenitura. È per me, è per noi perché è per tutti. Indistintamente.
La profezia continua: “I tuoi figli vengono da lontano”. Noi associamo questo venire da lontano con la presenza dei Magi che vengono da oriente dopo un lungo cammino. Superando molti ostacoli. Nelle nostre case il presepe è incompleto finché non arrivano – all’Epifania – i Magi. Altrimenti sarebbe un Natale senza conclusione, senza compimento.
Lo è ogni volta che l’Incarnazione del Verbo viene sottratta alla sua destinazione: per tutti. Sarebbe un Natale interrotto impedire ai Magi di giungere ad adorare il Bambino e ad illuminare il volto di quel Bambino con i doni.
In realtà questi personaggi del Natale ci rivelano una verità che ci riguarda universalmente. Tutti veniamo ‘da lontano’. È quel Bambino che ci attira e nessuno era già presente in quel ricovero di animali. C’è una distanza geografica, c’è una distanza morale, c’è una distanza spirituale, sociale. Distanza dice esclusione, estraneità. Eppure la misura di quanto si è lontani non siamo noi a darla. La distanza la percepiamo noi o la determiniamo con i nostri sguardi e i nostri giudizi. Rispetto al Signore Gesù e al suo venire in mezzo a noi, siamo tutti lontani e allo stesso tempo vicini. Perché Egli con un annuncio, una stella, una testimonianza… ci raggiunge e ci fa sentire che c’è qualcosa di vero, di importante e di bello per me, per te, per noi. È vicino perché Lui accorcia le distanze e nello stesso tempo può diventare lontano se non si è disposti ad alzarsi e a mettersi in cammino.
Ogni distanza può essere colmata con una stella sopra di noi e grazie ad un desiderio nel cuore. Dentro di noi.
Grazie fratelli e sorelle che siete venuti, come i Magi al Bambino, voi potete essere per noi una stella che risveglia in noi il desiderio e la volontà di andare da Gesù, vincendo la paura dell’Erode che c’è in ciascuno di noi. E destandoci dalla sonnolenza di Gerusalemme.