Ammirando per l’ennesima volta questo volto di Gesù (per qualcuno è il Gesù alla colonna, tradizionalmente è l’Ecce homo), capolavoro di Antonello da Messina, è cresciuta in me una domanda, un’ipotesi: potrebbe essere il volto del Risorto? O meglio della Passione già attraversata dalla Risurrezione?

Nei vangeli viene sottolineato il fatto che il Risorto è il crocifisso: infatti Egli, per vincere i timori e i dubbi degli apostoli ai quali si manifesta, mostra i segni della crocifissione (mani e piedi forati, il costato trafitto). A dire: sono proprio io! Quello che avete visto sconfitto e morto in croce. Egli è così rappresentato già vincitore: quando la morte è stata vinta. In una sequenza temporale: passione-morte e risurrezione.

Ma nell’esperienza di sofferenza e umiliazione di tante persone vedo che non è sempre così. Ho pensato anche a voi: ci sono ‘passioni’ che durano tanto… molto di più di qualche giorno. Aspettare che finisca per rinascere risulta così logorante da sembrare impossibile, insostenibile. E nel frattempo? Quella condizione è una esistenza sconfitta? È un’attesa di vita? O è già vita? Rinascita iniziata?

Questo volto è quello del Cristo dentro alla sua passione, ma con impresso già il segno della vittoria, della risurrezione. Può essere il volto del Risorto se è vero che porta impressi i segni della passione non sono solo nella carne, ma anche nello spirito. Le cicatrici possono sanguinare o essere dolorose anche dopo tanto tempo.

In questo volto la passione c’è tutta, ma come attenuata: c’è la corona di spine – imposta sul capo per deriderlo e umiliarlo – che fa sanguinare (non copiosamente). Quando cioè lo scherno è ancora in atto, non è finito e quelle spine continua a far sanguinare. Le lacrime che scendono sul volto, come sospese, aggrappate alla pelle. Anch’esse presenti, come le gocce di sangue, anche se non più generate da un pianto sconsolato. La corda al collo, che non lo stringe, anzi, che sembra si possa sfilare. Eppure rimane. Le mani (legate immaginiamo)ancora dietro la schiena che gli impediscono di agire liberamente. Di muoversi e operare secondo le loro capacità.

Non è una immagine che rappresenta la vostra condizione? Una sofferenza ancora presente (lacrime e sangue ancora vivi), una libertà, come potenzialità da esprimere, non ancora o non del tutto raggiunta (quella reale e quella interiore).

Cosa colpisce, oltre alla tristezza impressa nelle labbra per tanto dolore (Gesù lo raccoglie tutto su di sé, anche quello che possiamo aver procurato noi a qualcun altro)? È lo sguardo intenso che fissa. Uno sguardo penetrante, dal quale lasciarci raggiungere. Uno sguardo che attraversa il tempo: è quello di Gesù, che vivo, ti incontra in uno sguardo di compassione che non giudica. Lo fa dalla stessa parte nostra: non del potente o del superiore a chi gli sta davanti, ma dalla parte dello sconfitto, cioè dalla condizione nella quale mi sento. Il dolore che sta vivendo non gli impedisce di cercare altri occhi per condividere altre sofferenze: quelle di ogni persona.

Uno sguardo arreso e dignitoso, quasi al di sopra della violenza e della situazione in cui si trova, di sicuro abbandonato nelle mani del Padre. 

Non è il Cristo sfigurato: ha tutta la bellezza e la fierezza di chi è comunque vincitore. E, insieme, con un animo riconciliato. Ciò che parla sono gli occhi che incrociano e attirano i nostri occhi.

Come si può sperimentare la risurrezione in una condizione nella quale ancora sembra permanere la sofferenza?

Questo sguardo di Gesù è quello di Colui che è certo dell’esito di questa situazione. È lo sguardo capace di oltrepassare quella sua sofferenza e per questo non è sconfitto da ciò che sta patendo. La sua forza interiore è più grande della violenza messa in atto contro di lui. È più forte del male che ancora sembra avere il sopravvento. La luce che illumina il suo volto e il suo corpo lotta con il buio che c’è alle sue spalle e che lo avvolge. C’è luce davanti a lui e questa luce è quella della Pasqua: della vittoria sul male e sulla morte. Per lui e per ciascuno di noi.

Vi lascio questa immagine, ve la consegno da contemplare perché possa aiutarvi a comprendere come con Gesù sia possibile vivere una vita da risorti, ciascuno nella propria condizione.