Nm 6,22-27
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

La liturgia della Parola della Solennità di Maria, Madre di Dio ci introduce nel nuovo anno attraverso una grande benedizione. Una benedizione che il Signore riserva ad ogni israelita in cammino verso la Terra promessa. È straordinario pensare che un passaggio che Israele è chiamato a fare per diventare popolo, e non una semplice aggregazione di persone, è di benedirsi l’un l’altro. Augurare all’altro il bene, perché il Signore sia presente nella sua vita con la sua persona e con la sua opera, cambia la prospettiva delle relazioni: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia”.
Cosa dite? Non credo sia spontaneo benedire chiunque abbiamo davanti. Non penso che arriviamo ad augurare il male, ma certamente non ci è facile invocare per tutti la grazia del Signore. Forse è più immediato pensare ad un Dio giudice, e un po’ giustiziere, piuttosto che ad un Dio “benevolo verso gli ingrati e i malvagi”, come ci rivela Gesù (Lc 6,35).
Probabilmente siamo lontani dal pensare che il bene dell’altro sia per tutti e quindi anche per noi. Per questo non siamo così propensi ad invocarlo per tutti.
Nel suo messaggio per la Giornata per la pace che celebriamo oggi, papa Francesco insiste sulla necessità di “rimettere al centro la parola «insieme»”. Parola che riassume efficacemente il tema della Giornata: “Nessuno può salvarsi da solo”. A ben pensarci è ancora poco comprendere questo slogan – legato all’esperienza della pandemia – con il fatto di aver bisogno degli altri: siccome da solo non ce la faccio, allora mi apro agli altri (o a qualcuno). La Parola di Dio appena ascoltata va più in profondità di quell’“insieme”: la grazia di Dio che raggiunge l’altro (e che sono invitato ad invocare nella mia benedizione) mi è necessaria, non posso farne a meno per salvare la mia vita, la mia persona. E viceversa: la grazia di Dio che mi raggiunge, attraverso di me è destinata a tutti.
C’è anche una prospettiva (chiamiamola così) politica in questo principio: lo sviluppo, la giustizia, la pace sociale di un Paese, di un popolo hanno ricadute positive e promuoventi anche sull’assetto globale. Ed infatti stiamo verificando quanto sia vero il contrario: è assolutamente insensato, irragionevole ed autolesivo il “tanto peggio tanto meglio!”. L’interconnessione dei fenomeni non concerne solo le cause che producono le crisi, ma anche le strade per superarle. Se vogliamo cercare soluzioni a qualsiasi situazione problematica si deve tener conto dei legami che una persona, una dimensione, una comunità ha con ciò che lo circonda e lo riguarda.
A noi è chiesta una conversione del cuore, che non esaurisce né ridimensiona le conversioni ‘politiche’ e le conversioni delle scelte internazionali. L’“intossicazione individualistica e idolatrica” (così la chiama Francesco) non è facile da vincere. Non è bastata – ahimè – una pandemia, come prima una crisi economica globale e, aggiungiamo, ora una guerra così vicina per sconfiggere l’illusione che basti preservare gli interessi personali o nazionali. Siamo miopi e di dura cervice se ci intestardiamo a pensarci in un piccolo mondo chiuso in sé stesso.
Si è trovato un vaccino contro il Covid-19, non si è trovato l’antidoto per la guerra – constata amaramente papa Francesco -. Si tratta di un virus terribile perché proviene non dall’esterno ma “dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato”. Far abitare lo Spirito Santo che dentro di noi grida: «Abbà! Padre!» è la strada per far crescere il “noi” aperto alla fraternità universale. L’antidoto è un cuore e un pensiero che pensa, progetta e agisce a partire da questo noi, che include il mondo intero e il creato che è la casa comune. Un noi che abbraccia le diverse generazioni, anche quelle che verranno.
L’ho già ricordato ieri sera: siamo certi che le cose non andranno tutte bene, ma siamo altrettanto certi che il Signore non farà mancare la sua benedizione con la sua presenza e la sua opera. La sua benedizione, invocata da ciascuno sull’altro, sarà capace di suscitare risorse di bene impensabili ed indispensabili.
Allora l’augurio di un Anno buono contenga la sincera benedizione perché il Signore faccia splendere il suo volto e custodisca in ciascuno la gioia e la certezza di essere figlio/a.
Il Signore ci benedica facendo crescere il “noi” che non è la semplice somma di tante individualità, ma il risultato sorprendente della sua opera di salvezza.

Buon anno!