Mt 24,37-44

Il commento al vangelo di queste quattro domeniche di Avvento ci introdurrà in alcuni luoghi che custodiscono una qualche parte della spiritualità che ha costruito la vita di fede della nostra Chiesa locale. Ci ricordano che il commento alla Scrittura ci viene anche nella testimonianza e nella spiritualità che la Parola di Dio ha suscitato nel corso della storia della Chiesa. Oggi ci accoglie il monastero di S. Raimondo a Piacenza nel quale vive una comunità monastica benedettina femminile.
La Regola di s. Benedetto ha illuminato la vita di tanti uomini e donne che in questa forma di vita cristiana ricordano a loro stessi, alla Chiesa e all’umanità che il presente è carico di attesa di Dio. Il primato a Lui dice il cuore dell’essere vigilanti. Ci testimoniano che il vegliare è scandito dalla preghiera che ritma la notte e il giorno: il cuore è tenuto sveglio nella preghiera e dalla preghiera.
È un po’ singolare che la Liturgia per preparare la venuta di Gesù a Natale, l’inizio della sua venuta tra noi nella carne, ci proponga un testo evangelico che parla della fine dei tempi. Ci può fare specie forse perché noi mettiamo in opposizione l’inizio con la fine, gli inizi di qualcosa di nuovo con ciò che invece ci parla di fine. Non è assolutamente strano, ci dice la fede cristiana, perché ogni inizio prevede una fine. L’irrompere della novità di Dio che dà avvio a tempi nuovi, comporta la conclusione di quello che c’era prima.
Il tema del passo evangelico è anticipato nel versetto che precede (e che poi verrà ripreso): ”Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre” (24,26). Nessuno conosce giorno e ora. Ma questa ignoranza può essere motivo di angoscia oppure un’opportunità: dipende da come si vive il proprio presente, il proprio tempo. L’esempio che Gesù porta è il tempo di Noè. Prima che arrivasse il diluvio “mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla…”. A Gesù non interessa il giudizio morale sulle loro azioni: non fanno cose sbagliate, riprovevoli. Sono semplicemente presi, assorbiti totalmente dalle loro occupazioni. Indifferenti a ciò che sta accadendo attorno a loro. La malvagità (di questo parla il racconto della Genesi) sembra riassumersi nella distrazione. È banalizzare il presente: “non succede niente!”. L’oggi della vita non rinvia ad altro, ad un Altro presente.
Il risultato è che ciò che accade “travolse tutti”. Che fa da parallelo all’immagine del ladro che si intromette in casa e la scassina, la mette sotto sopra. Si può vivere una venuta imprevedibile, inattesa del Signore come un furto. (cfr. il demone: “… sei venuto a rovinarci!”).
Quello che è un evento di grazia, perché la venuta del Signore Gesù è apportatrice di gioia e di salvezza, nel caso in cui non è attesa e accolta, si ritorce contro. Attendere è parte della venuta del Signore.
L’invito di Gesù è di non lasciarsi prendere dal sonno, di stare desti (“vegliate”). Cosa che ripete, amaramente, al Getsemani quando invita i tre che ha portato con sé a vegliare. Inutilmente (cfr. Mt 26, 36ss). C’è un sonno che mortifica l’attesa e quindi ogni sogno.
Non si accorsero di nulla”. È il destino tragico dell’umanità distratta e sonnacchiosa.
Il messaggio che Gesù ci consegna è che le opportunità di un incontro sono a portata di mano, sono prossime e sono puntuali: cogliere o perdere gli appuntamenti non è la stessa cosa. Fa, e come, la differenza.
Non solo. La pagina evangelica mostra che non possiamo essere noi a stabilire l’ora e il giorno: cosa frequente. Ci lamentiamo spesso perché quando abbiamo deciso noi di fare qualcosa, ad es. pregare, deve accadere qualcosa. La sua venuta la stabilisce il Signore: l’ora, il giorno e il luogo, come pure la condizione. A noi è chiesta l’attitudine al vegliare. Essere svegli non è scontato. Tanto meno rimanere svegli. Il vigilare è una lotta. Conosciamo bene la lotta con il sonno. Quali strumenti possiamo darci per non lasciarci vincere dal sonno dell’indifferenza (tutto è uguale), del consumismo esistenziale (per cui dopo ogni giornata, avvenimento… si volta pagina) e di ciò che si agita in noi e che il Signore suscita mediante il suo Spirito?
Ascoltiamo come la tradizione monastica è stata attenta a questo vigilanza…..