1Re 19,4-9.11-13

Rm 8,31b-35.37-39

Mt 14,13-21

 

Il Signore, che rincorre Elia, rivolge quella domanda che risuona rivolta a noi tutti e a ciascuno: “Che cosa fai qui, Elia?”. In questa liturgia in particolare suona così: “Maria Grazia, cosa fai qui?”.

Lla preghiera che ci ha introdotti all’ascolto della Parola di Dio di fatto mette in bocca a Sr. Maria Grazia la risposta: desidero che il mio battesimo, che mi ha introdotta nella vita di Cristo, trovi nella vocazione monastica il suo pieno compimento in una “vita consacrata alla tua lode e all’edificazione del tuo regno”. È qui per questo: la lode a Dio e l’edificazione del Regno di Dio è ciò a cui è orientata la vita di una monaca. È un segno nella Chiesa e per la Chiesa, è segno, posto nella città, che afferma quale sia la destinazione di tutti e di tutto.

È una scelta che provoca e che fa dire – senz’altro meravigliati – “sei proprio brava, coraggiosa”. Perché così è colta una consacrazione monastica.

E sono ancora le parole del profeta Elia ad interpretare bene la coscienza che, come ognuno di noi, ha sr. Maria Grazia: “Io non sono migliore dei miei padri”. Perché Elia aveva creduto, inebriato dalla lotta contro i falsi profeti, di essere migliore degli altri. Ma ora si scopre impaurito, in fuga. E si addormenta: il sonno è uno dei modi per fuggire dalla realtà. Il Signore, sempre molto onesto con noi, non cerca di blandirci con parole rassicuranti (“dai, non dire così…”). Lo risveglia per due volte e lo invita a mangiare la focaccia preparata. È troppo lungo il cammino non ce la potresti fare. Quando Egli chiama si preoccupa che arriviamo alla meta. Dio provvede al nostro cammino, perché le nostre forze sono sempre inferiori allo sforzo richiesto. Senza il cibo che ci offre – per noi il rimando immediato è all’Eucaristia – ci mancano le forze, le energie per camminare. La durata del cammino (i 40 giorni e le 40 notti) dice il tempo necessario per giungere alla meta preparata da Jahvé.

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (s. Paolo). A noi basta la sicurezza che Dio sia con noi. E il segno più sicuro è proprio quell’Eucaristia celebrata e mangiata, che ci assicura che le forze non potranno venir meno. E s. Paolo insiste: “Nulla potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù”. Questa affermazione è rassicurante: ogni vocazione, anche quella monastica, fa i conti con la tentazione. Perché la vita cristiana è un combattimento, è lotta spirituale. Ma s. Paolo ci assicura che niente è più forte dell’Amore di Dio che in Gesù Cristo noi troviamo continuamente donato, offerto, partecipato. Egli, seduto alla destra di Dio intercede per noi. Il pericolo è serio quando noi presumiamo di essere “migliori dei nostri padri”. È indispensabile mantenere l’umiltà.

L’approdo del cammino di Elia, e di ogni discepolo, è raccolto dall’invito che gli è rivolto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Per incontrare il Signore, per stare alla sua presenza bisogna uscire da sé stessi, da quel piccolo mondo che ci costruiamo al punto di farlo diventare il tutto. Il pericolo nella vita spirituale sta soprattutto nei nostri pensieri, nei nostri progetti, nei legami e nei sentimenti che offuscano lo sguardo e ci lasciamo soffocare in essi. Essi ci possono portare lontano, ci possono distrarre dalla realtà, dal Signore stesso. Uscire dal nostro piccolo mondo per lasciare che entri il mondo, che entri Dio, in un’attesa disarmata.

Infatti il Signore non era nel vento impetuoso e gagliardo… nel terremoto… nel fuoco. Quanto piuttosto nel sussurro di una brezza leggera.

Comprendiamo perché il silenzio monastico sia profezia di un incontro con Dio che chiede finezza di udito. Dio è delicata brezza. Leggera. Discreta. Ma anche il silenzio può essere sordo. Deve essere teso al venire di Dio.

Ed è bello che oggi questa vita consacrata alla lode e all’edificazione del Regno di Dio sia raccolta in quei cinque pani e due pesci, consegnati nelle mani di Gesù, perché diventino oggetto della preghiera di benedizione di Gesù, spezzati e donati. Il dono (della vita), messo nelle mani di Gesù, non ci è più disponibile. È disponibile a Lui che ne può disporre per le necessità dell’umanità. La tua vita, sr. Maria Grazia, oggi viene associata definitivamente al Corpo di Cristo dato, al suo Sangue versato per la salvezza del mondo. Così confessi nella fede, davanti a Dio, a noi e al mondo, che tu appartieni al tuo Sposo e Signore Gesù.