Con una felice battuta, il compianto cardinale Giacomo Biffi ricordò che a Natale si fa memoria della nascita di Gesù: il festeggiato è Lui, il bimbo nato a Betlemme. Il rischio di dimenticarlo è sempre presente. Ma si corre anche un altro rischio, di dimenticare che, celebrando il Natale di Gesù, noi festeggiamo anche la nostra nascita. Perché nel Verbo che si fa uomo e viene ad abitare in mezzo a noi, noi tutti diventiamo figli dello stesso Dio. Siamo davvero figli nel Figlio, come abbiamo evidenziato nella Lettera pastorale e nel programma pastorale di quest’anno. È la verità del Natale: la verità di Dio che sorprendentemente ci ama ed è venuto a farsi uno di noi per incontrarci ed abbracciarci come suoi figli. Per questo Natale è la “buona notizia”: la gioia che sgorga dalla capanna di Betlemme raggiunge gli estremi confini dell’universo.
Non siamo più soli, non siamo mai abbandonati, anche se i compagni e gli amici ci possono lasciare. Ma il Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, che si è unito personalmente per sempre alla nostra natura di creature umane, non ci abbandona mai alle nostre tristezze e alla nostra inquietudine. Questa è la “buona notizia” che il Natale ci dona. Ecco, vi annunzio una grande gioia, ha detto l’angelo ai pastori. No, non è un racconto poetico, è una notizia vera, è l’informazione su un fatto avvenuto. Non è un bel sogno, è una realtà ancora più bella di ciò che possiamo sognare.
L’augurio natalizio è allora questo: si aprano i nostri occhi, il nostro cuore e la nostra mente per’vedere’ il Signore che nasce. Sì, ‘vedere’, nel senso biblico e in modo particolare nel senso pieno che l’evangelista Giovanni conferisce al verbo ‘vedere’, che significa contemplare il Signore e riconoscerlo presente e vivo.
Ma si aprano i nostri occhi, il nostro cuore e la nostra mente per ‘vedere’ anche noi stessi come figli nel Figlio, per riconoscere che la nascita di Gesù è l’inizio di una nuova vita per noi, una vita in cui non viene mai meno la luce e la speranza.
Accogliamo il forte richiamo che viene dal Natale: siamo chiamati a una più autentica umanità. Dobbiamo riscoprire i valori di stima, di rispetto, di dignità di ogni persona umana, se non vogliamo vivere in un mondo inaridito. Guardando quel bimbo che viene alla luce, ammiriamo e valorizziamo la maternità, così poco riconosciuta: è un dono per i genitori ed è un titolo di merito di fronte a questa nostra società con poche, pochissime culle. Dobbiamo riscoprire il valore delle buone relazioni che offrono all’uomo e alla donna la condizione più favorevole per uno sviluppo sereno, per una crescita senza traumi, senza ferite, senza lacerazioni.
Penso in particolare ai piccoli, verso cui siamo chiamati a rivolgere il nostro sguardo, così come rivolgiamo lo sguardo al bambino che nasce a Betlemme. Penso poi agli anziani e agli ammalati, così come penso a chi è solo, a chi cerca lavoro o un tetto, a chi cerca accoglienza dopo aver lasciato la propria terra. Possano tutti, in questa festa della nascita di Gesù, sperimentare, nei modi più diversi, la gioia della buona notizia. Auguro che tutti, poco o tanto, possano avvicinarsi alla semplicità del presepio in cui il nostro popolo più semplice sa esprimere il suo gusto e la sua geniale fantasia. Tutti possano scoprire il fascino di una poesia che è verità e realtà, percepire una sia pur iniziale e tenue esperienza di accostarsi al Dio che è bontà e bellezza.
Lasciamoci incontrare da colui che è venuto a cercarci sino a farsi uomo: è l’’augurio natalizio che vi rivolgo con tutto il mio affetto, è la preghiera che pongo nelle mani di Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra. Buon Natale!
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