Carissimi confratelli nell’episcopato, sacerdoti, religiose e religiosi.

Carissimi fratelli e sorelle, in particolare mi rivolgo a voi che provenite da diversi paesi dell’Europa. Benvenuti/e.

A voi, gentilissime autorità il mio e nostro più cordiale saluto e ringraziamento per aver accettato di condividere con noi questo annuale appuntamento itinerante.

Un rispettoso e caloroso saluto all’Ambasciatrice della Repubblica d’Irlanda presso la Santa Sede.

Sono certo di interpretare il sentimento di noi tutti nell’esprimere a papa Francesco un sincero e devoto ringraziamento per il suo illuminante e partecipato messaggio autografo che ci ha onorato. A quindici giorni dalle elezioni Europee colgo il nostro incontrarci come un rinvio alle ragioni lontane che fanno di tanti popoli un intreccio, fondato sullo scambio e sulla ricerca comune di ciò che ci accomuna senza omologarci. È quanto il Santo Padre ci ha scritto: l’attualità della testimonianza e del messaggio di S. Colombano sta nel bisogno della “linfa evangelica” per continuare a bonificare con la terra anche i nostri cuori e i nostri pensieri, “contribuendo a costruire l’Europa dei popoli, unita nella convivialità delle differenze e aperta all’incontro e al dialogo con le altre civiltà del mondo”.

È necessario in questo momento esprimere un grato apprezzamento all’Associazione Amici di S. Colombano che hanno avuto l’intuizione e la determinazione di avviare questo appuntamento. Anche loro hanno iniziato un cammino segnato più da incertezza e sana incoscienza che da chiarezza del percorso da intraprendere. Grazie perché oggi possiamo dire che anche questo meeting sta favorendo lo sviluppo in larghezza e in profondità della scoperta e valorizzazione della tradizione colombaniana. Si è fatta più chiara la storia e la geografia di questa presenza in Europa.

Questo venticinquesimo appuntamento abbiamo voluto celebrarlo in questa Cattedrale per raccogliere idealmente le otto piccole comunità le cui chiese sono dedicate al nostro santo monaco. Spesso testimonianza di celle monastiche che favorirono la diffusione dell’opera di Colombano e dei suoi monaci nell’intero, vasto territorio della nostra diocesi.

Pellegrini di speranza è il tema dell’ormai imminente Giubileo. Nella Bolla di indizione, Spes non confundit, papa Francesco ci invita, in ordine alla speranza, a guardare alla testimonianza dei martiri. Ma possiamo dire che Colombano con la sua Peregrinatio pro Christo ci introduce efficacemente al prossimo Anno Santo. In età più che adulta per quel tempo egli chiede con insistenza di farsi pellegrino, in nome di Cristo e per testimoniarlo e annunciarlo. La richiesta inoltrata a padre Comgall non ha una destinazione, una meta geografica, ma Gesù Cristo, che apre continuamente cammini. Nessuna meta sarà mai quella definitiva. Il suo biografo, Giona, riconduce la ragione del suo desiderio all’esperienza di Abramo. Colombano sentì rivolto anche a sé l’imperativo del Signore: “vattene…verso la terra che ti indicherò” (Gen 12,1). Si mette in cammino. È disposto a lasciare ciò che è noto e rassicurante solo chi custodisce la promessa che c’è una terra abitabile verso cui andare. Non è la terra ereditata, è un cielo e una terra nuova. Pellegrino e speranza è per Colombano un binomio inscindibile. Chi spera diventa pellegrino; è pellegrino chi ha una ragione per cui lasciare terra, casa, parentela. La speranza ha un nome: Gesù Cristo.

Colombano conferma la promessa di Dio che chi assume per sé la postura del pellegrino diventa benedizione. La storia delle nostre comunità testimonia di come Colombano e i suoi monaci siano stati una benedizione. Sono stati Vangelo, come ricorda l’Apostolo, che ha fatto crescere nella fede, socialmente e culturalmente, una terra segnata dalle tante povertà. Rimane una lezione attuale anche per noi: c’è futuro, c’è speranza laddove c’è più vangelo. Che cammina con il coraggio di questi tredici uomini che contano sulla potenza del Signore che li guida più che sulle proprie forze. È l’ennesima conferma della logica del Regno che è simile al granello di senape o ad un pugno di lievito nella pasta.

Il pellegrino è tutt’altro che timoroso, ha la forza della certezza che “niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino”, per questo motivo “la speranza cristiana non illude e non delude” (Spes non confundit, 3).

Per l’intercessione di S. Colombano il Signore doni alle nostre comunità e alle nostre Chiese di maturare la fedeltà creativa, generata dall’azione dello Spirito Santo che ci radica nel mistero di Gesù Cristo dentro alle sfide che questo nostro tempo ci consegna.

Cattedrale di Piacenza 23 giugno 2024