S. Giuseppe Operaio
S. Messa per il Papa
2Sam 7,4-5.12-14.16 Rm 4,13.16-18.22 Mt 1,16.18-21.24
Come ricordava il Cardinale Zuppi, rispetto a cinque anni fa quando papa Francesco in Piazza San Pietro si fece carico dell’umanità intera: solo, in quella piazza, sotto la pioggia, in queste settimane le parti si sono invertite, perché è il mondo intero che si sta facendo carico di lui. Del suo momento di fragilità. Si tratta del medesimo motivo che spinge alla preghiera: portare i pesi gli uni degli altri. Questa comunione orante, espressione della carità, ci ha fatto venire qui stasera, così numerosi, perché abbiamo voluto questa volta (dopo il rosario a Santa Maria di Campagna) ritrovarci a celebrare l’Eucaristia per il Santo Padre. Lo facciamo nella Solennità di San Giuseppe, che, come ci è stato ricordato all’inizio, è un santo a cui papa Francesco è particolarmente devoto. Ci ha anche consegnato un anno in onore di San Giuseppe per scoprirne il valore, la valenza della sua vita, della sua fede, del suo esempio. Stasera è veramente un affidamento speciale quello che noi facciamo a San Giuseppe, consegnandogli papa Francesco, perché interceda per lui. Gli affidiamo il Papa come lo si affida a colui che è padre.
Le tre letture che abbiamo ascoltato ce lo hanno consegnato così: padre di molti popoli, padre di Gesù. Una paternità vissuta nella capacità di imparare. Testimone sicuramente verso Gesù della affidabilità del Dio in cui credeva e insieme alla scuola di Gesù per imparare anche da suo figlio cosa significa essere figli. La pagina evangelica ne è un esempio: Maria e Giuseppe non riescono a comprendere questo figlio che si appella ad un Padre altro.
Sulla scia di Abramo, anche Giuseppe ci è indicato come colui che “credette, saldo nella speranza contro ogni speranza”. Ogni speranza subisce delle smentite, perché essa è debole, deve essere alimentata continuamente. Qualcuno ha sottolineato che papa Francesco sta esercitando il ministero della fragilità. A pensarci, una condizione che non gli appartiene, sappiamo la vitalità, una vitalità inesauribile, che non aveva sosta, non aveva pausa. Invece in queste settimane papa Francesco è segnato da quella fragilità che ci appartiene. La fragilità, la debolezza è il tratto caratteristico del tempo che gli è dato ed è, come ce l’ha ricordato, un tempo di prova. La prova è sinonimo di un tempo nel quale, come ci ricorda il libro del Deuteronomio (8,2), si manifesta ciò che c’è nel nostro cuore. Perché da sempre Dio ha fatto passare il suo popolo attraverso varie forme di umiliazione perché si manifestasse cosa custodisse nel suo cuore. La prova è un vaglio per la fede, che sempre è sostenuta dalla speranza.
Un professore della Gregoriana, tornato ad insegnare dopo un tempo di malattia, condivise con i suoi studenti in maniera trasparente l’esperienza che aveva vissuto. Disse: “pensavo fosse fede, era solo buona salute”. Perché tante volte è così. La malattia e la fragilità mettono alla prova, e verificano la nostra fede. Per questo noi siamo invitati a sostenere con la preghiera papa Francesco nella fede e nella speranza. Perché la fede è sempre messa alla prova, sempre, per tutti. La fede, d’altra parte, è un patrimonio condiviso. E’ uno spazio generato dalla comunione fraterna.
C’è una circolarità, come ci ha ricordato la Parola del Signore questa sera, tra fede e speranza: una sostiene l’altra. Si è detto di Abramo che: “credette, saldo nella speranza contro ogni speranza”. Sembra un paradosso: la fede si alimenta della speranza, ma la speranza, quando diventa piccola, cioè quando tutto sembra smentirla, attinge dalla certezza che è fedele colui che promette. Proprio in questo si dà prova: la verifica della misura, presente nel cuore, della fiducia nel Signore. Una fiducia che è l’unica a mantenere viva la speranza.
Mi piace sottolineare come in questi giorni i messaggi che ci arrivano da lui sono sguardi sul mondo. Perché è vero che il momento di debolezza, il momento della prova, tende a chiuderci. Papa Francesco, invece, ci ha insegnato che la fragilità può essere lo spazio per una maggiore comunione con tutto ciò che è fragile, che è debole. Proprio a partire da quella fragilità le cose risultano in tutta la loro verità.
Preghiamo per papa Francesco, ma anche per noi perché nel nostro cuore la speranza sia più forte di ogni smentita che la vita può provocare. Preghiamo perché il Signore faccia risuonare in lui e in noi la certezza della sua fedeltà, l’unica ad alimentare la speranza anche quando essa sembra fragile. Il Signore ci doni grazia, ci doni speranza, ci doni fede.




