Carpaneto

Es 24,3-8

Eb 9,11-15

Mc 14,12-16.22-26

La solennità dovrebbe aiutarci a recuperare continuamente il valore di quello che rischiamo di vivere con abitudine e magari con pesantezza. Lo dicevo anche l’altra sera durante la celebrazione cittadina: quando sento dire che la Messa è un dovere o che si può essere cristiani anche senza andare a messa… mi chiedo dove abbiamo sbagliato per ridurre un dono in un optional. Al cuore della celebrazione eucaristica c’è una frase che ci consegna due cose essenziali per la nostra fede: “prendete, questo è il mio corpo …questo è il mio sangue…”. Due inviti che diventano imperativi: mangiate… bevete.

La prima cosa: Gesù rinnova in mezzo a noi, per me e per tutti, la sua presenza non per intimorirci, bensì per donarsi. Per offrirsi in dono.  

La seconda cosa è in quelle parole che sono sue, ma che immediatamente coinvolgono la nostra persona: “Questo è il mio corpo”. Lui si dona perché ciascuno possa ripetere nella sua vita le stesse parole di offerta. Di dono. “Questo è il mio corpo” è un’espressione forte. Quando uno ti dice “ti dono/offro il mio corpo” dice che consegna sé stesso/a. E’ un atto di amore e di fiducia grande. Gesù in quelle parole che raccolgono l’intera sua esistenza ci dice: non ti do solo qualcosa, non te lo presto con diritto di restituzione. Perché mangiare e bere non prevedono restituzione. E’ il compimento, l’obiettivo, ci dice Gesù, della mia e della tua vita. L’Eucaristia è la sorgente della scoperta di quanto sono prezioso: Gesù consegna, dà il suo corpo/la sua vita a me e per me. Si fida che io non sprechi questo amore. Non solo! Aggiunge che una vita che entra in questa logica vive la pienezza della gioia, fa sì che il suo dono mi unisca a Lui. Oggi, voi animatori dei soggiorni estivi, ricevete un mandato, un rito che è un atto di fiducia nei vostri confronti, perché vi vengono affidati (insieme con i responsabili del campeggio) dei ragazzi. Non vi viene chiesta solo una prestazione d’opera, vi viene chiesto di crescere nella capacità di offrire voi stessi. Con tutto ciò che oggi siete in grado di donare. Il servizio, che attinge dall’amore di Gesù (raccolto nell’Eucaristia) non è solo il “dare una mano”, ma progressivamente un’offerta di sé che fa scoprire all’altro di essere importante.

Invoco la benedizione ‘eucaristica’ del Signore, perché grazie a questa esperienza maturi in voi la oblatività, cioè l’essere dono, il consegnarsi perché gli altri possano arricchirsi di ciò che in me può essere amore.