V Anniversario ordinazione episcopale – Cattedrale
Ap 12,10-12
Rm 5,1-5
Lc 9,23-26
Mi fa molto piacere che in questa celebrazione dell’anniversario della mia ordinazione episcopale convergano anche due anniversari sacerdotali, quello di Don Anselmo Galvani e di Don Francesco Cattadori, e il ricordo di un servizio prolungato nel tempo di un laico. Il tutto immerso nella festa sia di Santa Giustina, copatrona della diocesi, sia della parrocchia della Cattedrale.
Un vescovo non può pensarsi che in quella nuova terra che il Signore gli dona, inserita nella storia del suo presbiterio, in quella delle comunità che compongono la sua diocesi, con la consapevolezza che tutti poggiamo i nostri piedi sulla santità che ci precede e di cui Giustina ne è un esempio. Non conosciamo molto di questa santa, se non attraverso delle narrazioni che avevano lo scopo di ricordare la sua fedeltà a Cristo. E’ tra coloro che nel corso della storia: “non hanno amato la loro vita fino a morire”, come ci ha ricordato il brano dell’Apocalisse. Anche Santa Giustina è una pagina di salvezza. In genere le comunità attraverso le loro cattedrali hanno voluto fondarsi sul sangue dei martiri. Era, quel sangue, garanzia di fecondità, era invito a non scendere a compromessi per ‘salvare la propria vita’. Ogni epoca, ogni stagione umana, ha le proprie scorciatoie di salvezza. Potremmo domandarci legittimamente e doverosamente qual è oggi il modo di rifugiarci in una vita che si salva da se stessa? Conosciamo i modi classici con i quali ci illudiamo di riscattarci: le ricchezze, il potere…; ma per noi tutti è anche la ricerca del consenso, è il cercare di non avere delle contrarietà che derivino dalla fedeltà al Signore. Noi possiamo cercare di salvare da noi stessi la vita non dando valore o addirittura allontanandoci dagli strumenti della grazia: la Chiesa, le relazioni, i sacramenti, la liturgia, la carità, i poveri. Siamo allergici a tutto ciò che ci dà l’impressione di farci perdere il potere. Perdere la vita, perdere il controllo della vita, è accettare di abbandonare i propri criteri, accettando il rischio della fede.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me”. Con queste parole Gesù apre la pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato. Leggo questa frase condizionale come l’invito di Gesù a seguirlo. Non c’è altra forma della fede se non accogliere questo invito, se non metterci alla sua sequela. C’è richiesto di abbandonare i nostri interessi per centrarci su di lui. L’interesse ha come obiettivo quello di riservarsi qualcosa, di sottrarlo dalla sua Signoria, dal suo criterio di bene. Di sottrarlo, a pensarci bene, dalla logica del dono e perciò di sottrarlo agli altri. La fedeltà del Santo, della Santa, ci parla di un’esclusività estrema: per il Signore tutta la propria vita e tutta la vita.
Se guardo i cinque anni trascorsi qui, con voi, sento forte l’appello a non pensare la mia fede e la mia sequela disgiunta dalla storia di questa terra e di questo popolo di Dio. Una delle purificazioni che il Signore mi ha donato in questi anni è l’aver ridimensionato il peso, l’incidenza del mio fare. E quando dico questo, credo sia sotto gli occhi di tutti, non intendo dire rinunciare a fare. Piuttosto è leggere quello che immediatamente è un risultato poco soddisfacente, un’iniziativa che non ha avuto la risposta sperata…, come lo spazio per continuare a camminare dietro a Lui. Portando quella croce che subito appare un fallimento, confidando che in Lui ogni gesto di dedizione porta frutto, perché è in mano sua.
Forse è questo quello che San Paolo dice quando nella seconda lettura afferma di vantarsi anche nelle tribolazioni. Perché esse appartengono alla logica della croce di Gesù. Ci si spossessa della vita e di ogni logica di efficienza ogni volta che si accetta la logica della croce. Ciò che è decisivo è quel “per causa mia”.
Allora vorrei chiedere a voi tutti di unirvi nella preghiera per invocare il Signore che ci aiuti e mi aiuti a rimanere ancorato e ancorati alla “causa sua”, più che alle nostre cause, per quanto possano essere buone. In realtà esse sono sempre espressione dell’amore di noi stessi. Pregate, perché questo si compia prima di tutto in me, vostro pastore, e perché questo vivere e donarsi per causa del Vangelo sia la preoccupazione e l’interesse di tutti.




