“Il primo giorno della settimana”. Così inizia il vangelo di questa domenica. Non è un puro dato cronologico: il tempo inizia con la novità della risurrezione. È già avvenuta quella novità sconvolgente: la morte non incombe più sul tempo dell’uomo. Inizia un nuovo corso della storia.
Eppure sono ancora presenti i segni del tempo che si sta concludendo. Il buio, prima di tutto. Le zone di tenebra permangono. Non è ancora sorta la luce nella vita della Maddalena, ma questo non le impedisce di mettersi in cammino. C’è una ricerca, in realtà di un corpo/cadavere… ricerca di un passato a cui continua ad aggrapparsi. Facciamo spesso i conti con l’attrazione del sepolcro: razionalmente è una cosa assurda, eppure siamo attirati verso ciò che è morto, ciò che non c’è più. Il sepolcro è un luogo che sa di morte. Ma il legame con ciò che esso rappresenta è ancora forte. È sempre forte. Questa donna si accontenta di questo. Ha un grosso debito di riconoscenza verso Gesù che l’ha amata, salvata e liberata. Ci ritornerà ancora a quel sepolcro, anche se vuoto, una seconda volta… Quella decisiva.
Il passato, quello buono, produce un’attrazione e una nostalgia. Si può tornare a rifugiarsi nei ricordi. Ci si rifugia anche in un’idea che non rappresenta più la realtà. Vediamo come sia diffuso non essere in grado di misurarsi con il presente che ha definitivamente sepolto le cose passate (basti pensare, ad esempio, chi guarda la scuola con anacronismo, senza coglierne le grandi trasformazioni avvenute, senza riuscire a intravvedere le opportunità che essa offre di una formazione multiculturale, di un laboratorio di integrazione… Non dovremmo pensare in maniera differente il modello scolastico, visto che le classi non sono formate più come avveniva 30 anni fa?)
C’è anche un passato doloroso che ci attira nel vortice del rimorso. Non basta dire che bisogna metterci una pietra sopra, che il passato è passato. Si può rimanere prigionieri di quel passato, si può rimanere schiavi del nostro uomo vecchio, nel quale spesso anche chi ci è vicino non riesce a staccarci…
Anche nelle nostre relazioni ciò che è accaduto rimane e compromette la possibilità di pensare e avviare relazioni rinnovate, rappacificate. Arriviamo addirittura a coltivare il risentimento come forma rispetto della memoria di qualcuno che è stato vittima. Così il passato diventa presente e futuro. Lo stesso può avvenire nell’esperienza del lutto senza fine. Avvertiamo quanto sappia di morte il fardello che ci sta alle spalle.
È proprio nei confronti della forza attrattiva del sepolcro che l’annuncio pasquale risuona con forza dirompente. Stamattina in carcere è stato letto questo passaggio di una lettera che dei ragazzi del catechismo hanno scritto ai detenuti. Mi sembra una forma semplice per introdurci all’annuncio pasquale.
“Sappiamo che qualcuno di voi sta vivendo un tempo di attesa, per qualcuno un tempo di lontananza dalla propria famiglia; qualcuno magari è triste o arrabbiato perché vorrebbe tornare indietro e cambiare le scelte che ha fatto. Ma oggi è Pasqua e le nostre catechiste ci hanno detto che a Pasqua Gesù ci libera tutti dalla morte perché lui l’ha combattuta e l’ha vinta. Non abbiamo capito bene cosa vuol dire ma sappiamo che se c’entra Gesù possiamo sentirci al sicuro! Auguriamo anche a voi di sentirvi al sicuro con Gesù anche se a volte le situazioni da affrontare sono molto difficili. Vi mandiamo un saluto!”.
Quel corpo portato via, sottratto, quella risurrezione che dà inizio ad un nuovo cammino diventa liberante. Partire dalla certezza che Cristo è risorto e noi possiamo rinascere con Lui ci permette di aprirci ad una novità imprevedibile. È interessante quella annotazione che il sepolcro è stato messo in ordine: i segni della sepoltura, i teli e il sudario separati e al loro posto. Ogni cosa in ordine: la risurrezione permette di guardare il passato cercando di non lasciarsi travolgere dagli stati emotivi, mettendo in ordine il tutto.
Non ci sarà più bisogno di ritornare al sepolcro vuoto perché c’è una nuova storia da avviare. Si apre, grazie a Gesù che torna, un futuro nuovo.
Ci consola la fatica dei discepoli a comprendere “la Scrittura, cioè che doveva risorgere dai morti”. Perché la Pasqua, la risurrezione è ciò che irrompe e non si può prevedere, ma solo registrare quando è avvenuta. Al massimo ciascuno può dire quando la Pasqua ha preso forma nella propria vita, ed è, fin dall’inizio, qualcosa difficile da narrare, con la possibilità di non essere creduti. Solo il discepolo che Gesù amava, in forza di questo amore “vide e credette”.
Quello pasquale è un cammino lungo, che si deve intraprendere e che ci auguriamo possa avvenire per ciascuno, per non essere discepoli/e del sepolcro, del ritorno nostalgico e sofferto. Ma piuttosto discepoli-testimoni di una novità per noi e per il mondo che sorprende ed è motivo di gioia.
Buona Pasqua