La Pasqua sembra ‘imporre’ nella storia la figura del testimone. Nel discorso di Pietro tratto dagli Atti per ben quattro volte in pochi versetti ritorna la figura del testimone rispetto alla persona e all’opera di Gesù: “testimoni di tutte le cose da lui compiute”; rispetto alla risurrezione di Gesù: “Dio volle che si manifestasse (il Risorto) a testimoni prescelti da Dio…”; rispetto alla sua signoria: “E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti”; infine rispetto al perdono dei peccati: “A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati (…)”. Nel Vangelo appena proclamato testimone è Maria di Magdala e, a loro volta, lo sono Pietro e Giovanni. Il testimone è legato a qualcosa che è accaduto: è colui che attesta la verità delle cose. Egli è colui che pubblicamente rende quella testimonianza perché è di interesse comune. In questo modo si apre la fede. Il testimone è così decisivo per avviare e sostenere la fede nel Signore Gesù.
Infatti Gesù consegna ai suoi discepoli questo mandato: “Voi mi sarete testimoni”.
Un discepolo, una comunità che testimonia rinvia ad altro, ad un Altro. Lo fa non solo a parole. Perché è la vita che conferma che ciò che si testimonia è qualcosa (=una verità) che ha cambiato la vita. E che la sta guidando.
Sembra un’affermazione ovvia, scontata. In realtà richiama qualcosa che ha dello straordinario: il Risorto si affida ad una comunità di ‘testimoni scelti’ per rendere efficace la sua presenza e la sua opera. Lo sappiamo che questo è vero quando celebriamo i sacramenti, che operano indipendentemente dalle qualità e dalla santità del celebrante e della comunità. Ma ciò è vero (nel bene e nel male!) nella qualità (questa sì) delle relazioni. Cosa riescono a dire e cosa, invece, tacciono o addirittura smentiscono le relazioni che viviamo? E per non pensare agli altri (cosa peraltro che ci viene molto spontaneo fare) lasciamoci interrogare noi, ciascuno: cosa la mia persona testimonia della fede nella persona di Gesù, del suo Amore crocifisso che giudica le nostre decisioni e le nostre valutazioni? Come sono testimone di speranza, e cioè della sua risurrezione? La mia esistenza parla di perdono, di misericordia?
Mentre meditavo questo, mi sono ricordato di ciò che dal nostro carcere è arrivato come contributo al Cammino sinodale. Nella sintesi del loro ascolto sinodale trovo la conferma di cosa significhi essere testimoni oggi. Ci dice le potenzialità presenti in ciò che ci è affidato. Mostra che allora la testimonianza è apprezzata e parla al cuore delle persone. La domanda alla quale hanno risposto era la seguente:
In che modo avverti la presenza della Chiesa accanto a te? Che cosa ti attendi dalla Chiesa? Quanto emerso è stato riunito attorno a 10 parole:
LIBERTÀ: Quando sono in Chiesa mi sento libero dentro, sollevato. Non vedo più muri ma orizzonti!
PERDONO: Mentre fuori mi sento guardato sempre con giudizio, in Chiesa mi sento sotto uno sguardo d’Amore!
SPERANZA: In Chiesa affiorano in me sentimenti buoni che spazzano via ogni ombra di male; arrivo a credere che il bene vincerà!
LUCE: Quando partecipo alla messa mi sento invadere da una luce che mi scalda dal freddo che spesso sento nel cuore!
CORAGGIO: Vorrei che la Chiesa osasse di più nel gridare i veri valori, perché anche se non lo diamo a vedere, abbiamo bisogno di essere incoraggiati a credere in qualcosa di più grande di noi!
NOSTALGIA: Quando prego, avverto tutta la nostalgia per il bene che avrei potuto fare, e invece ho sprecato!
COMUNITÀ: Ho bisogno di sentire che la Chiesa è una grande famiglia che sostiene la mia piccola e fragile famiglia naturale.
CAMBIARE: A volte le situazioni non possono cambiare, anzi, a volte peggiorano, ma la Chiesa mi propone il mio cambiamento che mi permette di andare avanti!
FORZA: Ho sempre pensato che la forza fosse nei miei muscoli o nella mia macchina, ma qui ho scoperto la vera forza, quella interiore.
MADRE: La Chiesa per me oggi, è quella madre che non ho mai avuto e che so ci sarà sempre!
Mi è stato ricordata una frase di papa Francesco: dalle periferie si vede meglio il centro. Lasciamoci guardare e provocare da questa nostra periferia: potrebbe essere l’augurio più bello e più promettente perché possiamo rimanere testimoni della Pasqua. Di una Pasqua realmente Buona! E Santa!