Rito di ammissione – S. Antonino 07.12.22

Gen 3,9-15.20

Ef 1,3-6.11-12

Lc 1,26-38

Stiamo partecipando alla forza di una chiamata. Ce lo testimoniano questi tre nostri fratelli: Pietro, alunno del Collegio Alberoni e incamminato al presbiterato, Michele e Matteo, in cammino verso il diaconato permanente. Sono qui testimoni che il Signore continua a interpellare le nostre libertà. La stessa Liturgia della Parola è attraversata dal tema della chiamata. Nelle tre pagine bibliche essa è presentata , con accenti diversi, che concorrono a descrivere l’importanza e la sua centralità nella nostra vita di credenti.

S. Paolo afferma che “Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. La chiamata come elezione, come scelta da parte del Signore precede addirittura la creazione: è da sempre e assolutamente gratuita, perché si dà senza condizioni, esposta alla possibilità del rifiuto, del peccato.

Ed è ciò a cui si riferisce la pagina tratta dal libro della Genesi. L’esperienza del peccato compromette il rapporto che ci è avviato nella creazione. Eppure l’atteggiamento di Dio non muta. “Il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?»”. Nella Genesi viene presentato il Signore che scende a passeggiare nel giardino dove ha collocato coloro che ha creato per vivere una familiarità, una condivisione di vita. Ma non li trova. Si sono nascosti. Quindi chiama l’uomo per trovarlo: “Dove sei?”. Dove ti posso trovare, in quale condizione? Come posso ristabilire la nostra relazione?

Infine la Liturgia, in questa Solennità dell’Immacolata Concezione della Vergine, ci ripropone la chiamata di Maria, a cui è associata una missione: di dare carne al Dio-con-noi.

A ricordarci che l’Amore di Dio ci raggiunge nella forma della relazione. Perché la chiamata si compie quando avviene la risposta. L’iniziativa di Dio verso di noi invoca e attende un’accoglienza. L’esistenza credente è sempre risposta ad una chiamata. La particolare vocazione, che ciascuno è chiamato a scoprire, è risposta che impegna tutta la persona e per tutta la vita. Ed è un dinamismo aperto, di chiamata in chiamata, prova ne sia l’esperienza di Matteo e di Michele raggiunti da un’ulteriore chiamata dentro alla loro vocazione matrimoniale.

Quello che in Maria si manifesta è che la risposta alla vocazione permette a Dio di fare ciò che ancora non siamo: “avvenga per me secondo la tua parola”. È sulla linea di ciò che Gesù promette ai discepoli, quando invitandoli a seguirlo assicura: “vi farò pescatori di uomini”. Il risultato del dinamismo ‘chiamata-risposta’ è imprevedibile ed è assolutamente inedito. Accadrà qualcosa di nuovo e di singolare.

Oggi sono davanti a noi Pietro, Matteo e Michele, che hanno riconosciuto una chiamata al ministero ordinato, come presbitero e come diaconi. Ciò che finora è stato vissuto a livello personale e dentro la cerchia delle persone familiari, ora diventa pubblico. Si rende noto il loro desiderio di dedicarsi al servizio di Dio e del suo popolo, a partire non da ambizioni personali ma da un’esperienza spirituale confermata nel discernimento dalla Parola di Dio.

In questo modo viene ricordato a loro e a tutti che la vocazione ha bisogno di un riconoscimento da parte della Chiesa, che una vocazione al ministero ordinato non è un’autocandidatura sulla base di titoli acquisiti, bensì frutto di un discernimento nella comunità, confermato dal vescovo.

Per questa sua connotazione ecclesiale, la vocazione al ministero ha il suo contesto nella comunità che è il grembo entro cui risuona la voce del Signore e matura il desiderio e la volontà di rispondere alla chiamata del Signore, ed insieme è il contesto di fede nel quale maturano le condizioni per questo “sì”. Pur essendoci delle persone e dei luoghi deputati al compito formativo, non va sottovalutata l’importanza e la necessità del contesto di fede: famigliare – parrocchiale – diocesano. Non siamo semplici spettatori, bensì partecipi dell’opera di Dio. Lo siamo noi, presbiteri e diaconi, con la nostra testimonianza vocazionale e la serietà dell’esercizio del nostro ministero, qualunque esso sia. È partecipe dell’opera di Dio tutta la comunità cristiana che con la preghiera e la cordiale vicinanza è sollecitata a confermare i segni della loro vocazione. Nessuno se ne può appropriare e nessuno può sentirsi estraneo al loro cammino: sono doni per tutti e dono di tutti.

Che questa loro testimonianza susciti in altri giovani e adulti la domanda vocazionale e la risposta generosa.

Con le parole che tra poco il rito mi metterà in bocca: “Dio che ha iniziato in voi la sua opera la porti a compimento” esprimo l’augurio, che è al contempo disponibilità nostra e vostra, affinché favoriamo l’opera di Dio. Per noi, per la Chiesa e per il mondo.