INTRODUZIONE A S. FRANCESCO
Questo giorno e il tempo della quaresima hanno un carattere penitenziale. È tempo penitenziale perché abbiamo bisogno di un’interruzione, di un richiamo forte perché ogni novità può essere accolta nella misura in cui si è disposti ad interrompere il corso delle cose. Ci è chiesto di abbandonare, di lasciare ciò che appartiene all’abitudine. Siamo invitati ad essere disposti a sacrificare qualcosa.
Quaresima è tempo per entrare in una novità di pensiero e di stile di vita. È tornare a Lui (il Signore) “con tutto il cuore”, come ci ricorderà il profeta Gioele. È proprio la totalità, l’integrità della nostra persona a mettersi in gioco. Non è in gioco molto, è in gioco tutto.
Tra due giorni sarà un anno da quando è iniziata l’ultima fase (dice qualcuno) del conflitto Russia-Ucraina. Forse ci stiamo abituando alle scene di guerra, di distruzione, di morte. Immaginiamo (anche se gli stessi contendenti la escludono) la vittoria di una parte sull’altra. Come è stato sottolineato dobbiamo piuttosto immaginare la pace. Solo così si potranno aprire percorsi di pace.
Stasera uniamoci nella preghiera: preghiamo per le vittime della guerra. Preghiamo per i sopravvissuti, vivi, certo, ma con il cuore e la mente minati, come grandi campi seminati di mine antiuomo, difficili da attraversare senza rimanere vittime di sentimenti di avversione, di odio, di morte. Preghiamo perché tutti, soprattutto per chi ha il potere di perseguirla, possiamo immaginare la pace. La pace possibile perché non cercata nei campi di battaglia.
OMELIA
Gl 2,12-18
2Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6;16-18
Abbiamo appena vissuto un momento importante per Giada e per noi tutti. Avvertiamo la responsabilità nei suoi confronti: il cammino che ha iniziato, in vista dei sacramenti dell’iniziazione cristiana che riceverà a Pasqua, ci fa sentire partecipi di un percorso di fede, di carità e di speranza. La credibilità della nostra testimonianza le è necessaria per continuare a camminare dietro a Gesù. Per questo stasera nella gioia viviamo insieme la trepidazione per quanto ci è chiesto.
“Convertitevi e credete al Vangelo”. Queste parole tra poco accompagneranno il gesto dell’imposizione delle ceneri. In questo tempo risuona forte l’invito alla conversione. Eppure ciascuno, chi più chi meno, fa i conti con le resistenze. Perché la conversione è così laboriosa? Qual è il nemico più grande alla conversione, alla novità evangelica?
Nel messaggio per la quaresima papa Francesco (riferendosi all’episodio della trasfigurazione) vede come ostacolo a convertirsi a Gesù e alla sua Pasqua lo sguardo appiattito. Uno sguardo, un modo miope di vedere e giudicare le cose: si guardano le relazioni, la vita, le cose che ci capitano a partire dal nostro buon senso. Come era successo a Pietro che, di fronte all’annuncio della passione, reagisce ma pensando secondo gli uomini, non secondo Dio. Per questa ragione Gesù lo apostrofa chiamandolo: “Satana!”. E lo ricolloca al suo posto. Perché ci sia una condizione favorevole ad accogliere la conversione, è indispensabile “salire su un alto monte”. In disparte. Guardare le cose da un’altra prospettiva, dall’alto, per l’appunto, o meglio ancora, a partire da Gesù trasfigurato, glorificato, permette di immaginare quello che altrimenti non appare possibile. O non appare affatto. Conversione non è aggiustare qualcosa. Non è un leggero ritocco estetico. È rivoluzionare lo sguardo.
Gesù porta con sé tre apostoli, immagine della Chiesa nel suo formarsi. Perché il cammino dietro a Gesù si fa insieme. Non è dell’ordine della vita né dell’ordine della fede la via solitaria. Anche qui si intravvede una causa della fatica di dar corso agli appelli alla conversione: immaginiamo percorsi individuali e poco comunitari. Ci siamo accompagnati (anche come comunità cittadina) convinti che solo così riusciremo a sostenere il nostro cammino di conversione. Personale e comunitario.
E l’alto monte è Gesù, il suo vangelo. Ciò che noi identifichiamo come “troppo alto”, come inaccessibile. Forse per mascherare alibi, rassegnazione o resistenze rispetto a qualcosa che infrange le nostre abitudini e i nostri clichés. Fintantoché non siamo disposti a guardare da un’altra prospettiva le relazioni, i conflitti, le scelte della vita, la vita ecclesiale…, non ci può essere niente di nuovo. Guardare a partire da Gesù e dalla sua Pasqua.
La conversione esige la fiducia (la fede, per l’appunto) in Gesù e in ciò che Lui rivela. Non si tratta di trovare nelle sue parole ricette risolutive, ma di lasciarsi guidare da esse per capire di quale conversione c’è bisogno in ciascuno.
Se, come ricordavo in S. Francesco, ad es. riguardo alla guerra, non si immagina la pace e la giustizia, il nostro pensiero rimane incagliato nelle strategie belliche, militari. Cosa che ci chiude dentro la logica della polarizzazione vincitore-vinto. Non per questa via si giunge alla pace. La pace non è il frutto di nessuna vittoria che preveda un vinto. In questo modo si mette in atto una semplice tregua a termine. A partire dal “beati gli operatori di pace” è possibile immaginare la pace come convivenza possibile, perseguendo tenacemente strade non ancora intraprese. Questa prospettiva vale per i conflitti tra nazioni come per i nostri conflitti quotidiani.
Il Papa nel suo messaggio mette al centro di un cammino di conversione il sentiero dell’ascolto. Ascolto di Gesù, nelle sue diverse modalità (per la via del Vangelo come quello dei fratelli). Ci stiamo esercitando, scoprendo che esso è forma del camminare insieme. Stiamo imparando pazientemente.
Potremmo offrirci questa comune indicazione ‘ascetica’: dal monte tornare al piano (che è la vita di tutti i giorni) disarmati grazie all’ascolto. Portatori della fiducia in chi incontriamo, di poter scoprire in lui/lei qualcosa che è un dono per la nostra persona e per la nostra vita. Tutti noi -credo- abbiamo un difetto di ascolto verso qualcuno. Proviamo a lasciarci condure sul monte da Gesù per cominciare a guardare (ascoltandolo) quella persona con i suoi occhi e con i suoi orecchi, sicuramente più benevoli dei nostri.
Conversione è sinonimo di vita. Vita nuova secondo il Vangelo di Gesù. Allora auguriamoci con gioia: buona conversione. Quella che Gesù ha pensato per noi e per la nostra Chiesa.