In questa messa di Natale il binomio tenebre e luce attraversa la Liturgia per introdurci in un attributo centrale della persona di Gesù: egli è luce. È La luce. Non solo, associato all’oscurità c’è una delle conseguenze che essa produce nell’esperienza umana: l’oppressione, rispetto alla quale la luce che irrompe nel buio opera una liberazione: “Tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino” (così il profeta Isaia). È evidente che le immagini usate riguardano la vita dell’uomo di ogni epoca. Una condizione che riguarda anche noi. Il buio angoscia, è pesante da portare e tutto ciò che lo genera sembra avere una forza maggiore delle nostre forze.

Mi viene spontaneo pensare alle tenebre di morte che abbiamo attraversato nell’anno che stiamo concludendo. Ci sono delle tenebre che ci hanno avvolto in un abbraccio collettivo: la morte di Aurora o le tante morti e distruzioni che sembrano non avere fine. Non fa differenza se sono a qualche migliaio di Km da qui. Oppure il buio generato da un crescente numero di situazioni, personali o familiari, nelle quali si è rotto un equilibrio affettivo, relazionale, economico. Alcune situazioni conosciute, molte, drammaticamente, vissute nella solitudine. “Non vediamo un futuro”. È proprio questo il buio di cui parliamo. Noi che cosa sappiamo fare? ricorrere alla strategia più infantile: nasconderci o meglio nasconderci la realtà per illuderci che non esista.

Tutto questo risulta in forte contrasto con l’augurio di un Buon Natale, di un felice Anno nuovo che come stasera, un anno fa, ci siamo scambiati. Il rito che stiamo vivendo anche in questi giorni, in particolare da stasera non è pura formalità. Di sicuro è augurio sincero verso chi amiamo o verso coloro per i quali nutriamo legami di affetto, di stima e di riconoscenza. Ha senso scambiarci l’augurio sapendo che un qualche giorno di tenebre ci aspetterà?

Il profeta Isaia ha aggiunto però dell’altro: “il popolo che camminava nelle tenebre…”. Siamo così abili, da imparare a camminare nel buio delle tenebre, anche senza vederci. Ci si può assuefare alla “terra tenebrosa”. Possiamo addirittura giungere a preferire le tenebre. Sembra un paradosso, ma è quello che è capitato e che continua ad accadere: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. (…) Venne tra i suoi, i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1). Perché la luce -abbiamo capito – è quel Gesù che è nato. Lui porta a verità ciò che esiste. La verità di noi stessi, della qualità delle nostre relazioni, i nostri compromessi e la nostra idolatria. La Luce mette fine all’inganno. Non dimentichiamolo: è con l’inganno che fin da principio l’essere umano è sedotto e allontanato dalla Luce. L’illusione di essere capaci di stare al mondo da signori ci fa crescere immaginandoci onnipotenti, ma ben presto consegnandoci alla nostra fragile debolezza. Alla solitudine.

Vi confesso che è la preoccupazione più grande che nutro verso le nuove generazioni che stiamo crescendo illudendoli di essere senza limiti, senza regole, onnipotenti. Crescono spesso senza riconoscere il valore e la necessità dell’adulto, senza dover rispettare qualcosa il cui valore lo scopriranno un po’ alla volta, vivendolo. Hanno mille strumenti tecnologici in mezzo ai quali sanno districarsi, convinti così che la conoscenza sia accessibile con una buona abilità tecnologica. Non si tratta di saper far funzionare gli ingranaggi della vita, ma di camminare alla ricerca di un senso, di un bene che ci viene incontro. Che ci provoca, che ci interroga. Mi preoccupano i segnali, frutto di una mentalità diffusa tra i giovani, che le situazioni dolorose, se toccano la loro vita, sono quelle che accadono a distanza di un abbraccio e riverberano per breve tempo. Per un sussulto di emozioni. Poi il tutto viene rimosso per non stare male. Non è questo un camminare nelle tenebre? Abitare terra tenebrosa? E non sono solo loro.

Augurare buon Natale non è augurare che non ci siano giorni di tenebre, ma che in essi risplenda una luce. Nel vangelo la notte di Betlemme e i pastori che la stanno abitando vengono avvolti da una grande luce. È quella luce che li spinge ad abbandonare il luogo, ad avvicinarsi alla sorgente. La luce è il nome di Dio a cui stiamo così a cuore da venirci a cercare, in ogni angolo buio della terra, in ogni oscurità che avvolge la nostra vita. L’oscurità e il freddo della notte vengono raggiunti da Colui che ha voluto conoscere su di sé la nostra umanità.

Tu, io, noi tutti, come pure quelli che distrattamente stasera non si avvicinano alla luce di Betlemme siamo oggetto dell’annuncio di questa notte: “Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore che è Cristo Signore”.

È venuta la Luce che ci fa desiderare e amare la verità: sono figlio, figlia cercato/a dal Suo amore. Invincibile. Vinciamo tutto ciò che sa di tenebre, avvicinandoci sempre e daccapo alla Luce.

Buon Natale!