Bologna
Lc 2,41-52
Trovo suggestivo e di intensa forza simbolica quello che la città di Bologna vive ogni anno: la discesa della Madonna di S. Luca in città. Come pure il ritorno dell’immagine in quello spazio – il Santuario – che è presenza vigile e discreta della Vergine Madre sulla città degli uomini. Una vera e propria visitazione che si rinnova. Nel suo ‘scendere’ raggiunge le persone nella loro condizione, nel loro stato di vita. Stasera visita in modo particolare le persone consacrate: visitate e rese partecipi della sua vicenda spirituale di discepola. Poniamo il nostro sguardo sulla Vergine-Madre che Luca ci consegna in una umanità viva, realistica. In quella dinamica dello smarrimento e del ritrovamento che attraversa ogni esistenza credente.
– Il dramma dello smarrimento di Gesù al Tempio ci è narrato dalle parole di Maria che troviamo nella sua bocca alla conclusione del racconto: “angosciati, ti cercavamo”.
In queste parole è raccolta la possibilità di una vita spirituale messa alla prova. Un’esistenza forse troppo seduta sull’abitudine dei gesti, oppure raggiunta da qualche momento di buio. In quei momenti si arriva a non ritrovare più Gesù che cammina con te. Ci si può rendere conto, dopo un po’ di tempo, perché impegnati e affaccendati in mille cose. E in quell’agitarsi, in quel preoccuparsi per tante cose si perde l’anima. Vi è pure descritta la perdita di controllo della situazione, con quella sensazione di smarrimento che può coinvolgere la ragione stessa o la freschezza della propria vocazione.
Qui troviamo per la prima volta i tre giorni di ricerca angosciata. E’ la stessa durata del tempo che intercorre dalla passione alla risurrezione; è il tempo di desolazione che fa mettere in cammino i due di Emmaus. E’ un tempo prolungato, dilatato, più della reale durata cronologica.
– La ricerca porta ad un approdo e ritrovare Gesù è motivo di stupore: lo trovi lì e in condizioni inattese. Dopo averlo smarrito, il Gesù ritrovato non è più quello che si conosceva. Per Maria e Giuseppe è una delle tappe del loro doversi convertire a quel Figlio che devono rinunciare a possedere.
Quel Gesù che ti ha affascinato e per cui hai lasciato tutto ti porta, non di rado, attraverso momenti oscuri, ad una scoperta sempre nuova di Lui e delle esigenze della sequela.
La dinamica vocazionale è travagliata per essere generativa.
– Al rimprovero di Maria, che ha in sé la verità di un vissuto drammatico che prende voce, Gesù risponde con una rivelazione, suscitata dalla meraviglia delle parole della madre: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Come se avesse detto, stupito: ma è quello che mi avete insegnato voi! Occuparsi delle cose del Padre dovrebbe essere il contenuto di ogni azione educativa. Il volto di Gesù lo si scopre all’interno della vita di fede, di discepolato che prevede il lasciare, l’abbandonare continuamente i propri criteri e progetti.
A proposito di quello che sta accadendo qui, anche nella nostra pagina evangelica c’è un ritorno: a Nazareth, dove Gesù sta sottomesso alla relazione filiale, dove egli continua ad occuparsi delle cose del Padre suo. La volontà di Dio non si rivela solo a Gerusalemme, nel tempio, nella frequentazione delle Scritture, ma anche a Nazareth nel gioco di relazioni ordinarie tra le quali Egli (come noi tutti) impara la grammatica della fede.
E Maria attraversa Gerusalemme con l’angoscia dello smarrimento e vive la presenza ordinaria di Nazareth custodendo “tutte queste cose nel suo cuore”. Rivelandoci proprio nel custodire la qualità del credente. Custodire per non archiviare e consumare i frammenti di vita; custodire per non cadere nella pretesa o illusione di tenere sotto controllo, riappropriandoci continuamente della vita; custodire per accettare che si manifesti con il volto di Gesù anche quello del nostro diventare discepoli e discepole nella nostra Nazareth, dove dobbiamo ritornare. Dove Gesù ha emblematicamente la sua identità: infatti è Gesù di Nazareth. E’ il Salvatore nella e della vita nascosta e ordinaria.




