Mt 3,1-12
In questa seconda domenica siamo introdotti in una sorta di ‘geografia dell’Avvento’. Siamo condotti nel deserto, insieme a Giovanni Battista. Il Vangelo ci ricorda che l’attesa si alimenta in uno spazio privilegiato: il deserto. Si tratta di un luogo fisico, le cui caratteristiche ci sono note: è inospitale per le sue condizioni meteo, ma anche perché privo di riferimenti; è arido… Il deserto è terra arida, senz’acqua. È pure sinonimo di solitudine, il deserto richiama perciò una condizione esistenziale: un tempo di aridità dentro alla quale si anela acqua per ristorarsi (diremmo con il salmo 143: “Sono davanti a te come terra assetata”; oppure il 62: “ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua”). Per questa ragione, quasi paradossalmente, si può scegliere di abitare il deserto, perché apre ad una ricerca. Promette di essere via per giungere ad una terra promessa.
Forse proprio per questo il deserto dove il Battista ha posto la sua dimora è tutt’altro che spazio di solitudine. È luogo affollato: da Giovanni (e dai suoi discepoli); dalla gente di Gerusalemme, da quelli che vengono da tutta la Giudea e dalla zona del Giordano. Addirittura da chi si crede giusto, perché osservante della legge, i farisei, e dai sadducei (la classe sacerdotale, nonché nobile). Da chi presume cioè che basti un’appartenenza per stare al sicuro: “Abbiamo Abramo come padre!”. Non si può mancare di andare dove accorrono tutti! Il profeta Giovanni, il battezzatore, è à la page. Il personaggio attira.
Nel deserto c’è proprio di tutto. Deserto sono allora anche i nostri luoghi di vita, affollati e tuttavia non di rado luoghi poveri o privi di riferimenti e per questo luoghi di solitudine.
Se il deserto è luogo provvidenziale non lo è perché ci si trova lì o si sceglie di ricreare condizioni di solitudine. Al deserto necessita una VOCE e una PAROLA. La funzione che esercita il Battista risulta decisiva perché fa risuonare su tutti e su ciascuno una voce che diventa un grido: Convertitevi…. Un altro scossone per svegliarsi dal sonno (cfr. domenica scorsa).
In realtà le parole pronunciate dal Battista con tanta forza e addirittura violenza (“Razza di vipere…chi vi ha fatto credere di poter sfuggire…”) alla fine rivelano che anche lui dovrà convertirsi. Convertirsi dall’idea che ha di Colui che sta per venire. Lo si vede da come descrive il momento presente: annuncia un giudizio imminente, com’è la scure che è alla radice degli alberi. Pronta per abbattersi. Com’è la raccolta del grano che si separa dalla paglia, (questa) destinata ad essere bruciata. Lo incontreremo il Battista scandalizzato dalle notizie che gli arrivano di Gesù. Anche per lui vale l’invito a conversione, convertirsi rispetto ad un Dio che si presenta in modo imprevedibile. Il tempo è compiuto, c’è un’urgenza che si impone, ma riguarda la disponibilità a lasciarsi stupire da Dio. Ritorniamo a guardare il venire di Dio che ci sorprende.
È straordinariamente realistico questo deserto, nel quale non c’è nessuno che non abbia da cambiare pensiero (metà-noeo). Facciamo risuonare la severità delle parole del Battista: “Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?”. Chi vi ha fatto credere che la conversione sia per gli altri? Che non mi/ti/ci riguardi? Nessun deserto può fiorire di speranza se non è innaffiato da una Parola che ci raggiunge mediante la voce di qualcuno che ci scuote. Suscita fiducia il fatto che questa voce che grida c’è. Sempre. La prova ci è data ogni volta che siamo inquietati e scossi nella coscienza. Non genera vita la ricerca di essere lisciati nella nostra commiserazione o semplicemente rassicurati.
In questi mesi, grazie alla canonizzazione avvenuta il 9 ottobre scorso, stiamo scoprendo la voce di S. Giovanni Battista Scalabrini. Siamo nel chiostro della Casa madre dei missionari di S. Carlo che ha fondato per la cura dei migranti che partivano dalle nostre terre.
Una Voce risuonata allora in un tempo di deserto e di desolazione per molte persone inchiodate dalla povertà. Ascoltiamo un brano che ce lo consegna con vivezza e attualità come una di quelle voci che il Signore non fa mai mancare per riconoscere la sua venuta, che giudica perché salva.