La sera del Giovedì Santo, nella celebrazione in Coena Domini, la liturgia propone un gesto tipico e unico: la lavanda dei piedi. Fa parte del memoriale che Gesù consegna nell’Ultima Cena. Conosciamo bene – perché vengono ripetute ogni volta che celebriamo l’Eucaristia – le parole che Gesù associa alla benedizione sul pane e sul calice: “fate questo in memoria di me”. Alla conclusione della benedizione sul pane e poi sul calice infatti, il sacerdote conclude invitando a mangiare e a bere. La persona e l’amore di Gesù che lì si concentrano sono a disposizione di tutti. È ciò che sta per accadere a Gesù nel suo ultimo e definitivo atto di amore sulla croce. Per tutti.
In quell’invito leggiamo il comando di ripetere tutto ciò che Egli ha compiuto, perché il rito renda presente, attuale (è questo il senso del memoriale) il momento che Gesù sta vivendo e quindi il dono che rimane disponibile per sempre. Non è un semplice ricordo: in questo modo si diventa contemporanei e quindi partecipi del dono della sua vita offerta. Non basta dire che nell’Eucaristia è raccolto il sacrificio di Cristo, perché esso racchiude l’offerta di comunione. Il Suo amore ci alimenta e ci trasforma.
Per l’evangelista Giovanni, in assenza dell’istituzione dell’Eucaristia che troviamo invece nei Sinottici, è la lavanda dei piedi che riassume il compimento pasquale della vita di Gesù. In questo gesto di spogliazione (“depose le vesti”) e di servizio (“prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita”), descritto in maniera solenne, quasi liturgica (“Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”), c’è anche la ritrosia e il rifiuto di Simon Pietro (“Signore, tu lavi i piedi a me?”… “Tu non mi laverai i piedi in eterno!”). Nell’iniziativa di Gesù di mettersi all’ultimo posto tra i servi, c’è un’assoluta e sorprendente gratuità. Neanche il discepolo più prossimo riesce a capire e ad accettare il volto di questo Cristo. Infatti Gesù aggiunge: “(…) Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”. Solo lasciandoci raggiungere da questo amore che scardina ogni nostro criterio, prenderemo parte al suo Amore. Solo perché Dio ti ha amato in questo modo, ti ha amato con i piedi sporchi e perciò ripugnanti, puoi comprendere che questo non può essere che amore divino.
Confesso che non mi sarebbe facile lavare il piede che non fosse già lavato e profumato, ma se fossi al vostro posto mi sentirei molto a disagio se qualcuno mi volesse lavare i piedi puzzolenti e perciò ripugnanti (a me stesso!). Infatti se io prendessi il catino e scendessi in mezzo a voi e senza preavviso mi mettessi davanti per lavarvi i piedi e voi sapeste che puzzano, quale sarebbe la vostra reazione? E se questo avvenisse d’estate dopo un giorno di cammino in strade impolverate?
Gesù pone questo gesto non per sentirsi dire: che bravo! Ma perché “come ho fatto io così fate anche voi”. Proviamo però a chiederci: mi sarebbe più facile lavare un piede sporco o lasciarmi lavare un piede puzzolente? Fuori metafora: è più facile amare, prendersi cura della miseria altrui o lasciarsi amare, incontrare e quindi svelare nella propria miseria?
Due azioni, quella liturgica e quella di servizio-di cura, che troppo spesso separiamo quasi che l’una non preveda l’altra, che una non inveri l’altra. Non di rado il piegarsi sulle povertà dei fratelli diventa selettivo, a discrezione delle nostre simpatie, delle nostre valutazioni, delle nostre precomprensioni. E ciò che celebriamo sembra non giudicare affatto quello che mettiamo in atto. Il che fa pensare che il momento liturgico parli ancora poco dell’amore di Gesù, che non sia capace ancora di scalfire tante scelte, addirittura che non riesca ad istruirci sulla portata di quella (di Gesù) vita donata e della (nostra) vita innestata in Lui. Gesù, non possiamo permetterci di dimenticarlo, è consegnato. Spogliato. Come un servo, senza poter avanzare diritti. Sono le persone che ha davanti ad ‘imporgli’ la cura, non può scegliersi per chi dare la vita. Non fanno eccezione neanche coloro che ha scelto, i Dodici.
Quell’offerta “per tutti” non prevede discrezionalità. E dobbiamo ripeterci: per fortuna! Così non c’è dubbio che noi ci siamo dentro al suo amore! C’è posto sicuramente anche per me.
Allo stesso modo proprio l’Eucaristia – fatta in memoria di Gesù e della sua passione e morte – ci ‘impone’ di non dimenticare per strada nessuno. Proprio questa sera, questa celebrazione, questo gesto che ripetiamo ci ricorda che non possiamo correre questo rischio. Dobbiamo dircelo, il nostro è più che un pericolo: a vari livelli mettiamo in atto comportamenti selettivi e perciò ‘discriminatori’. Generosi con alcuni e chiusi verso altri. Si stanno aprendo esemplarmente porte e case ai profughi ucraini, come rimangono colpevolmente sbarrate le stesse verso altri profughi. Quali piedi sono disposto a lavare e quali invece no?
Per questo ho chiesto che il rito della lavanda dei piedi stasera ci ricordasse le varie emergenze, per non essere tentati di operare esclusioni. Ogni emergenza ha il medesimo diritto di essere presa in carico. Nessuna può essere silenziata: provate a pensare se tra poco, davanti a qualcuna delle persone che ci stanno davanti io non mi fermassi a lavare i piedi e passassi oltre… Eppure noi facciamo spesso così!
L’emergenza drammatica dell’Ucraina non ha archiviato quella di chi continua ancora ad approdare sulle nostre coste o a giungere ai nostri confini; convive con quella di chi in conseguenza della pandemia o di altre vicende personali ha perso il lavoro, la casa… la dignità… Per chi le vive sono emergenze altrettanto drammatiche. Non possiamo essere noi a dare le pagelle del grado di drammaticità.
Tra i piedi che stasera laverò e bacerò ci sono anche piedi che annunciano la pace: piedi di volontari, di persone che accolgono. A ricordarci che a tutti Gesù lava i piedi. Tutti abbiamo bisogno che Lui si pieghi nel Suo amore perché il nostro servizio e la nostra cura sia immagine viva di questo amore gratuito. Generoso e rispettoso al contempo. Gesù ci ricorda che ad ogni figlio d’uomo un piede lo lava Lui, per l’altro provvede suscitando la medesima passione in noi: “fate questo in memoria di me”. Così possiamo diventare memoria viva di Lui. Memoria eucaristica.