Ger 30,1-2.12.15.18-22
Mt 14,22-36

Non può venir meno per un presbiterio con il suo Vescovo né per una comunità cristiana il dovere cristiano di congedarsi nella fede da un proprio fratello sacerdote. E lo facciamo nella celebrazione della Pasqua del Signore. Ancora una volta celebriamo anche dentro all’esistenza di p. Luigi la fedeltà del Signore, che ha operato nella sua vita di fede, sacerdotale e missionaria.
La pagina evangelica della liturgia odierna, che segue la ‘moltiplicazione dei pani e dei pesci’ mediante la quale Gesù sfama con la folla anche i suoi discepoli, ci parla di una traversata. Tutt’altro che agevole, anche per esperti pescatori come erano i discepoli. Le coordinate temporali (“venuta la sera”), il comando di Gesù di “precederlo sull’altra riva”, come pure la traversata con un vento contrario e perciò affatto tranquilla, possono richiamare il momento che p. Luigi sta compiendo, alla sera della sua vita terrena.  Si sta compiendo il giorno e il passaggio all’altra riva. E al centro della scena quell’invocazione di Pietro: “Signore, salvami!”, che possiamo trovare benissimo nelle sue labbra. È l’invocazione di essere salvato dalla morte e dalla sua potenza. Devo dire che l’altro giorno, quando con d. Giuseppe sono stato a visitarlo, dimostrava di non avere sentore di essere ormai giunto a questo momento. P. Luigi era assolutamente sereno, lucido e brillante, con tutto il suo bagaglio di interessi e di ricordi. Con il senno di poi, potremmo dire una condizione invidiabile.
Ma sicuramente la vita di p. Luigi è stata una continua traversata, con un mare non sempre favorevole. Si può ben dire che sia stato condotto dalla ricerca instancabile di altre sponde del lago, del mare: non si è accontentato di abitare spazi (geografici e umani) noti, abituali. Il suo spirito missionario lo ha chiamato – prima di tutto- ad approdare nei missionari del PIME, dopo alcuni anni vissuti al Collegio Alberoni.
Come missionario di questo Istituto è partito subito dopo l’ordinazione sacerdotale per il Giappone, terra dell’estremo oriente, nella quale ha ravvivato la presenza lontana dei primi evangelizzatori. Ha ricalcato orme quasi scomparse di missionari lontani nel tempo. Quasi attratto dalla terra dove il sole nasce, ed insieme dal desiderio di aprire strade nuove al vangelo. Ma questo è stato solo l’inizio di un lungo andare… E il Giappone, meglio i suoi abitanti, è entrato nel suo cuore missionario. Il Brasile infatti sarà la continuazione della prima missione.
Se c’è una cifra del suo spirito missionario che ha attraversato la sua lunga esistenza direi che è stata la volontà di vivere l’incontro, di creare condizioni per realizzare, in una conoscenza profonda, ponti per tessere relazioni/trame per far crescere occasioni di scambio. E ogni volta che ci si inoltra in un mare che separa, i venti contrari si alzano e mettono alla prova la fiducia che si possano vincere le avversità, che si possa giungere all’altra riva. Quanti fantasmi abitano i percorsi di dialogo e di incontro: questi fantasmi generano paura e la tentazione di rinunciare. Ce ne testimonia l’episodio del vangelo appena ascoltato. Ma negli incontri più semplici, nei convegni internazionali, p. Luigi ha mostrato tenacemente che il dialogo è possibile. In questo ha saputo fino alla fine confidare nella possibilità di poter affrontare le avversità.

Allora, pur essendo rientrato in diocesi, il suo animo missionario non è mai venuto meno. Lo si capiva, almeno così mi è parso nelle occasioni in cui ho avuto modo di incontrarlo, dalla intelligente curiosità che scaturiva dai suoi occhi, dalla affabilità che induceva a fermarsi, a dialogare. In fondo dal fatto che il suo lungo andare, visitando paesi di ogni continente, gli ha aperto il cuore alla universalità e alla mondialità. È proprio vero che ciò che fa la differenza è quanto siamo convinti di poter scoprire qualcosa di bello e di importante in ciò (e in colui) che ci viene incontro.
Egli si è abbeverato nelle opportunità di conoscere da vicino figure importanti e significative. Anche nel nostro ultimo incontro ha ricordato uno di questi grandi maestri, dom Helder Camara, arcivescovo di Recife, con il quale ha condiviso da vicino il ministero. Maestro del Concilio, testimone di povertà, ispiratore di un respiro grande, animatore di speranza per il futuro della Chiesa.
Per molti sacerdoti della nostra diocesi è stato un insegnante che ha introdotto all’attenzione e all’apertura verso ciò che è ‘altro’, ma non per questo di poco interesse. Anzi, proprio per questo motivo, di essere un’incognita, capace di diventare oggetto di studio e di conoscenza approfondita. Cultore della conoscenza della storia altrui, delle altre religioni, p. Luigi ha vissuto e insegnato la bellezza di tradizioni differenti accomunate dallo stesso anelito verso l’unico Dio.
Ripensando ancora all’ultimo incontro – direi quello più disteso e interrotto solo per la preoccupazione di non affaticarlo – mi rimane quello che stava facendo: raccoglieva e metteva in ordine appunti, testi, fogli con l’intenzione distribuirli a l’uno o all’altro.  Forse un gesto di congedo. Lì c’era l’eredità preziosa che ha lasciato: la passione per lo studio e la ricerca. Con un’attenzione a lasciare qualcosa a destinatari precisi, scelti per le loro competenze o i loro servizi, perché la sua fatica potesse giovare anche dopo di lui.
Anche per di qua passa la ricerca di Dio, scoprendo il Suo passaggio nella storia degli uomini e nelle tradizioni religiose che esprimono lo stesso grido di Pietro: “Signore, salvami!”. La pretesa dell’apostolo di voler camminare sulle acque, rende in maniera efficace la presunzione presente in noi di voler superare da noi stessi il limite radicale che ci appartiene. Ma insieme mostra che sull’orlo di quell’abisso si può aprire l’invocazione, il grido e la mano tesa che incontra sempre un braccio a portata di mano: quello di Gesù teso verso di noi. È proprio questo braccio che anche p. Luigi ora afferra e che lo sottrae dalla morte per introdurlo a partecipare della Sua risurrezione. L’estremo gesto della misericordia del padre.
Ora lo accoglie in Dio quella moltitudine di persone, di poveri (nella fede o per la mancanza di mezzi) che p. Luigi ha incontrato e amato. Fino alla fine, in tanti modi. Perché la carità non è mai tramontata dal suo cuore appassionato di Dio e dei fratelli.

CATTEDRALE di PIACENZA – 02.08.2022