Villanoce – 23.11.24
Gen 12,1-4
1Cor 19,16-19.22-23
Lc 9,57-62.10,6
Ho voluto che fosse la Liturgia della Parola della festa di S. Colombano ad accompagnare l’ultimo saluto a d. Emilio. Sono convinto (da come l’ho conosciuto e da alcune testimonianze raccolte) che d. Emilio abbia infatti interpretato la sua vita come quella dell’evangelizzatore. Penso che oggi potrebbe dire con S. Paolo: ”annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Lo ha fatto con la cura della predicazione, apprezzata non solo per il suo tratto persuasivo, ma anche perché efficace: le sue parole rimanevano incollate dentro e facevano riflettere. Lo ha fatto al Nautico dove ha insegnato a lungo, in un contesto non sempre favorevole, in una stagione nella quale la contestazione infiammava e qualche volta annebbiava la vista. Lo è stato con la sua presenza che ho percepito sempre discreta e attenta a chi gli stava davanti. Lo è stato con l’attenzione (come qualcuno ha testimoniato) alla parte più debole e marginale del contesto sociale, per far risuonare il Vangelo della carità. Mi sembra, in definitiva, di poter dire che lo hanno animato un amore e una passione per Gesù che gli ha aperto strade di incontro e di prossimità. Ogni battezzato, e tanto più ogni sacerdote e ministro, dovrebbe poter dire con l’Apostolo: “tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”. Il Vangelo cresce e si arricchisce della fede e carità del discepolo.
Diventare parte del vangelo non è un’ambizione velleitaria. Una specie di presunzione che la nostra esistenza sia perfetta. Tutt’altro. E’ scommettere che il vangelo è possibile, che Gesù passi nella nostra vita e la converta a Lui, che i nostri gesti e i nostri sentimenti facciano trasparire la Sua bellezza. Così il Vangelo, la Buona notizia che è Gesù può essere letta come amore di Dio che ti converte. E’ proprio ciò che nel brano del vangelo abbiamo ascoltato: siamo invitati a diventare strumenti della pace di Dio per quanti incontriamo.
Don Emilio ha vissuto sotto il segno di una invocazione che lo ha accompagnato fino al termine della sua lunga esistenza. Più volte il “Seguimi!” di Gesù si è intervallato con il “Ti seguirò” generoso di d. Emilio. Ora, in questo momento che conclude la sua esistenza terrena, vogliamo far risuonare l’ultimo e definitivo invito di Gesù: “Seguimi!”. In questo ultimo passaggio del Signore non c’è più nulla da anteporgli, nulla che possa far dilatare, dilazionare la risposta. Sulle labbra di d. Emilio ora risuona la sua adesione: ”Eccomi! Si compia in me la tua promessa”. Quella promessa che aveva spinto i suoi piedi a camminare spediti lungo la strada che con Gesù porta a Gerusalemme, alla sua Pasqua di morte e di risurrezione.