ESEQUIE DI DON PIERO SCHIAFFONATI
Ziano P.no Rm 7,18-25a Lc 12,54-59
La morte per un cristiano è il compiersi dell’esistenza pasquale che è anticipata proprio nel battesimo. In esso noi moriamo in Cristo per risorgere a vita nuova, a quella vita che è animata dallo Spirito Santo. La vita eterna, quale vita di Dio, nella morte ci permette di aprire la persona alla comunione piena con il Dio Padre che ha risuscitato Gesù dai morti. Perché l’esperienza descritta da S. Paolo nella prima lettura (e sicuramente questa sua confessione ci è motivo di consolazione) che cioè nella nostra carne se c’è il desiderio del bene non vi corrisponde la capacità di attuarlo, ci fa dire che il desiderio che il Signore ci mette in cuore di seguire il bene è più grande dei nostri piccoli o grandi fallimenti, delle nostre inadeguatezze. Ma è la forza del bene a guidare la nostra continua aspirazione al bene, che è l’amore stesso di Dio. E’ il segno della vita eterna in noi. Questo desiderio, ne siamo, ne siete testimoni voi, suoi parrocchiani, ha animato fino alla fine don Piero. Il suo desiderio si è manifestato anche nella fatica di lasciare il suo ministero di parroco, quasi a rilanciare la possibilità di compiere il mandato che gli era stato affidato più di 38 anni fa. Vi ha voluto bene e gli avete voluto bene. Fino alla fine, anzi, vorrei dire più ancora negli anni e nel tempo della sua debolezza fisica. Questo vi fa onore e conferma il riconoscimento del suo servizio tra voi.
“Venga a me la tua misericordia e io avrò la vita”, abbiamo pregato con il salmo. Vorremmo uscisse in questo momento dalle labbra di don Piero che può ben dire: “Io sono tuo: salvami, perché ho ricevuto i tuoi precetti”. Egli ha perseverato nella certezza di appartenere a Lui.
Mi ha colpito, quando ci siamo incontrati la prima volta, il fatto che giunto a Ziano abbia sentito il bisogno di un aggiornamento teologico-pastorale. Non certo per esibire qualche titolo, lui così schivo. Egli avvertiva che la formazione gli fosse necessaria per stare in questo tempo che già intravvedeva in grande e profondo cambiamento. Alla scuola del Concilio Vaticano II e di quanto si apriva nel dibattito culturale egli frequentò, non senza disagi, l’Università Lateranense. Riconoscere i segni del tempo di Dio diventa un appello a stare nella storia non da sprovveduti, ma con gli occhi della fede, che sanno riconoscere i suoi passaggi e le sue chiamate. Anche in questo ambiente, prevalentemente rurale, si ripercuotono i cambiamenti culturali e religiosi in atto. Riconoscere i segni dei tempi è riconoscere il linguaggio di Dio nello scorrere della vita e della storia, certi che il nostro Dio la abita e la visita. Anche questa è vita di fede e sguardo credente.
A don Piero, che ha cercato di stare con responsabilità dentro al nostro tempo complesso, ora si apre il tempo di Dio, il tempo del Suo Amore vittorioso. Lo accolga in questo Amore che ha segnato la sua esistenza credente e sacerdotale il Padre nel quale non si esauriscono le misericordie, e don Piero continui a vigilare nell’intercessione su quanti egli ha amato come pastore e padre e dai quali è stato ricambiato e custodito.




