S. Lazzaro
Rm 8,31b-35.37-39
Lc 6,12-19
Monizione iniziale
Au début de notre célébration eucharistique, je tiens à exprimer toute ma proximité à la famille de Fabrice, père, mère, frères et sœurs, parents tous, qui nous suivent depuis le Congo et sont unis dans la prière avec nous. Toute l’Église de Plaisance vous est proche. Je salue également Mgr Félicien, évêque de Kabinda et archevêque métropolitain de Kananga. La perte d’un séminariste est une cause de grande douleur pour un évêque, transformé par la certitude de la bonté des desseins de Dieu. Dans la communion des saints, nous sommes unis dans l’action de grâce que nous élevons avec le Christ vers le Père, en invoquant la miséricorde pour Fabrice, afin que le Seigneur l’accueille dans le royaume des cieux, et la consolation pour nous tous, pour la perte d’un fils, d’un frère, d’un séminariste. Que le Seigneur nous aide à élever notre regard vers le ciel, là où nous allons tous.
I sentimenti che stanno attraversando i nostri cuori in questi giorni sono l’elenco degli stati d’animo che la morte provoca in noi. Dal dolore all’incredulità, passando attraverso i tanti ‘perché?’ senza risposta. La sensazione comune è di essere davanti ad una vita recisa, ad un’esistenza incompiuta. Quante attese si sono infrante. Le attese e i desideri di Fabrice; del vescovo e della diocesi di Kabinda; sicuramente dei suoi familiari e di quanti, conoscendolo, ne hanno apprezzato le qualità riponendo in lui speranza e sguardo promettente nel futuro. La stessa attesa del Signore su di lui si è imbattuta nello scandalo della morte? Lui che l’aveva chiamato per il ministero apostolico? Stati d’animo umanamente comprensibili e condivisi che la fede pasquale intercetta.
Oggi siamo messi di fronte al fatto che l’esistenza di Fabrice è stata raccolta in 26 anni. In questo tempo ha vissuto intensamente, sempre radicato nel desiderio di vivere non ha mai smesso di pensarsi oltre la malattia, di immaginarsi in un futuro rientro nella sua diocesi verso la quale nutriva un profondo legame di affetto riconoscente.
Ma la vita di ciascuno vale per gli anni che gli sono dati, che possono essere numericamente tanti o pochi, ma che in realtà sono tutti. E solo quelli, né uno di più né uno di meno. In questo arco temporale può rivelarsi la pienezza della vita e del suo senso.
L’esistenza di Fabrice raccolta in questi anni ci parla in modo eloquente di Dio. Ci parla di Gesù che lo ha scelto, chiamato e associato a sé. La pagina evangelica della liturgia odierna evidenzia che anche la chiamata di Fabrice ha la sua origine nella relazione di Gesù con il Padre (“Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i discepoli e ne scelse dodici”). Scelti da Gesù, ai Dodici viene consegnata la folla di persone che cercano in Gesù una parola e la salvezza. Gesù salda in un legame insuperabile le esistenze: Lui ci consegna gli uni agli altri. L’esistenza di Fabrice ha partecipato già in questi anni della medesima missione apostolica: scelto per amare gli uomini e le donne con il cuore di Gesù, buon Pastore.
Questo cuore vocazionale non è venuto meno neanche nella malattia: ”quando negli ultimi mesi volevamo pregare con te la Liturgia delle ore, in ospedale o in stanza, e ti chiedevano se ce la fai, tu dicevi: come posso non pregare il Signore” (sono le parole della testimonianza di un seminarista). Nella sua risposta ha rivelato il nucleo attorno al quale ha trovato unità la sua esistenza. “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? (…) Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire… potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore”. Quando un’esistenza è abitata da questo Amore la sua durata diventa secondaria, perché questo Amore, non venendo meno, dà sussistenza anche nella morte. È proprio esso a rendere eterna un’esistenza.
Sono convinto che tale Amore invincibile ha preso forma nel volto e nelle impronte di tante persone che in questi mesi hanno fatto sentire Fabrice preso in carico, curato, custodito. Non solo dal punto di vista sanitario (qui voglio esprimere un grazie a tutto il personale sanitario e alla dott.ssa Rapacioli in particolare), ma anche dalle relazioni che diversi hanno espresso nelle modalità più differenti. Siete stati veramente la sua famiglia, la sua casa.
Per quanto tutto ciò sia vero, è stato motivo di sofferenza e di sconcerto l’impedimento ad essergli vicino del fratello Florin. Come cittadino italiano ed europeo chiedo perdono a Fabrice e ai suoi familiari per questo atto di disumanità. Appartiene alla cultura della vita favorire che la malattia e la morte abbiano assicurate, insieme alle migliori terapie, tutte le cure necessarie, prima fra tutte la prossimità di chi ti ama.
Signore abbi pietà di noi e delle nostre paure erette a sistema di difesa.
Consegniamo alla misericordia del Padre questa storia di dolore, di vita e di dedizione: Egli sappia trasformare in vita e in amore per il Vangelo ciò che oggi per noi ha ancora il sapore salato delle lacrime. Il nostro cuore sia consolato dalla certezza che “Eterna è la sua misericordia”.