Gn 3,9-15.20 1 Gv 1,3-6.11-12 Lc 1,26-38
Oggi la Chiesa, all’interno del tempo di Avvento, ci invita a porre lo sguardo su Maria, Colei che è stata preparata come “degna dimora” del Figlio di Dio, ricevendo in anticipo i frutti della morte e risurrezione di Gesù. Quindi, anche in questo caso, la Solennità mariana trova la sua ragione d’essere nel suo Figlio Gesù. E ciò che lei ha vissuto in un modo unico, singolare è concesso anche a noi in forza della Risurrezione di Gesù, nella grazia che ci raggiunge dal nostro battesimo.
Per questo motivo la liturgia della Parola ha messo insieme la pagina della Genesi, dove vengono presentate le conseguenze della colpa originaria, e la pagina dell’annunciazione, nella quale la giovane di Nazaret mostra le conseguenze della grazia (lei è ricolma, traboccante di Spirito Santo).
Nell’atto della creazione dell’uomo e della donna, come sua parte integrante, c’è il comandamento di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Come dire: non puoi impadronirti del criterio di valutazione del bene e del male. Non ti è accessibile. La tentazione giunge in modo subdolo, con l’inganno: si presenta come sospetto, come dubbio circa l’amore di Dio. Dio ti impedisce di mangiare perché ti vuole sottomesso a Lui. Disobbedisci così sarai un dio, onnipotente. Proviamo a pensare ai “no” che ci fanno dire, fin da bambini: allora non mi vuoi bene! I limiti posti al nostro delirio di onnipotenza aprono varchi al dubbio.
La conseguenza è in quella nudità (di cui prima si dice “non provavano vergogna”) che è esperienza di vulnerabilità. La nudità equivale all’esperienza di essere in balia degli altri, senza difese. Può essere quella fisica, come è il manifestarsi bisognoso, debole…quando viviamo sentimenti forti proviamo vergogna nel renderli visibili perché gli altri cosa diranno? cosa faranno? Allora ci mascheriamo, ci corazziamo! Di fronte a questa esperienza gli altri sono prima di tutto un potenziale pericolo. Devo nascondermi, difendermi e così cresce l’ostilità. Anche il Signore entra in questa paura: la paura di Dio è una delle conseguenze dell’illusione della propria onnipotenza. L’ostilità si alimenta nel deliro del voler essere senza limiti, di potere tutto perché, a differenza di quello che sogniamo, ci scopriamo nudi, indifesi. Allora cadiamo nella paura, esattamente l’opposto della onnipotenza.
Dove interviene la grazia di Dio in Maria e in noi? A livello di fiducia, della fiducia creaturale: Dio, tu mi sei Padre (“Abbà, Padre”…dice S. Paolo come azione dello Spirito), tu vuoi il mio bene, il nostro bene… Maria di fronte alle parole dell’Angelo non dice un “sì” consapevole delle conseguenze che ne deriveranno. Quel “sì” non è frutto di un calcolo di convenienza: esso si apre ad un compimento che non dipende da lei e dai suoi progetti (“Avvenga per me secondo la tua parola”).
In queste parole dà credito a patto che la sua persona abbia una parte nella storia del mondo, che il frutto del suo “sì” non lo possa predeterminare, né che lo potrà vedere. Non è questo importante: si affida a quella affermazione dell’angelo che “Nulla è impossibile a Dio!”.
Neanche che una umile e piccola giovane, di un borgo sconosciuto della Galilea, possa diventare colei che tutti dicono: Beata. Lo dirà per prima Elisabetta, con suo stupore.
Nell’affidamento, nella fiducia – ci testimonia Maria – Dio continua a compiere l’impossibile.
Anche in noi. Oggi.
Cattedrale – 08.12.23