Bobbio

Es 16,1-5; 17,1-7

L’istruzione XIIIma, che in parte abbiamo ascoltato, tratta del desiderio di Dio. Tanto nell’esperienza monastica, nella quale Colombano cresce e vive la sua fede, è radicato questo desiderio, quanto la cultura odierna sembra coltivare ben altri desideri. Desiderare è necessario per vivere, quanto lo è sperare. La vita vive della loro grandezza. Se è Dio il contenuto del desiderio dell’uomo (c’è qualcosa di più grande?), è chiaro che esso non è mai totalmente raggiunto, non può essere colmato, nel nostro camminare sulla terra. Perché Dio non può mai essere catturato e posseduto. Per questa ragione è solo assaporato e immediatamente sottratto alla nostra disponibilità.  Comprendiamo l’efficacia dell’immagine dell’acqua e della sorgente che Colombano utilizza per descrivere l’anelito a Dio: l’acqua disseta (come il pane sazia), ma solo temporaneamente. In questa bevanda e in questo cibo Gesù si rivela e si nasconde, si dona e si sottrae al possesso. Tale rivelazione di Gesù (essere acqua e pane) dice che il nostro cuore desidera questo. Non può essere un elemento materiale, ma una persona e perciò è amore che da Lui scaturisce.

Il dono di Dio (come Gesù dice di sé alla Samaritana:” se tu conoscessi il dono di Dio…”, Gv 4,10) chiede la disponibilità d’animo del pellegrino: di colui cioè che si pensa e si vive in un continuo raggiungere la meta per poi ripartire. E’ la forma nella quale Colombano, con i suoi compagni, ha interpretato la sua vita. Mi sono chiesto come mai a cinquant’anni circa egli lasci la sicurezza di un monastero per inoltrarsi in un’avventura che sapeva essere più che suggestiva, adrenalinica, un vero e proprio affidarsi all’incerto di Dio. Immagino che questa partenza potesse rasentare la follia: nessuna garanzia sull’esito, un alto livello di rischio, solo un desiderio grande di essere portati da Cristo in una qualche sponda sconosciuta. Il futuro non solo come incognita, ma soprattutto come promessa da scoprire e da accogliere con fiducia. Pellegrino e speranza in Colombano sono stati un binomio inscindibile. La speranza aveva il nome di Cristo, capace di mettere in cammino, perché dà un appuntamento in un oltre rispetto allo spazio conosciuto e abitato. Se è la relazione che motiva il partire è ancora essa la ragione per annunciarlo, perché sia incontrato e accolto in quella testimonianza che il monaco offre con la fraternità e con la povertà. Parola e stile di vita che confermano che c’è altro, rispetto alle cose, che riempie la fame e la sete dell’uomo. Ogni sazietà compromette l’apertura a Colui che viene incontro alla nostra fame e sete di vita e di Amore.

Ogni cammino, abbiamo sentito nella lettura biblica, è un esodo, un cammino tribolato perché chiede di rinnovare di continuo la fiducia. Per la stessa ragione Colombano non accetta che ci si possa fermare (pensiamo a Gallo che così decide), perché quella decisione poteva coincidere con il dubitare che il Signore avesse interrotto la promessa che solo con il ripartire poteva essere scoperta.