NOÈ E L’ALLEANZA COSMICA
(Gen 9,8-15)
Durante questo ciclo liturgico (Anno B), la liturgia domenicale ci introduce nel tema dell’Alleanza. L’Alleanza, come vedremo, è centrale nella relazione tra Dio e l’uomo, tra Dio e il suo popolo, una relazione particolarmente forte tra Jahvè e il suo popolo. In queste settimane di quaresima, accompagnati dalle prime letture della liturgia domenicale, ripercorreremo le grandi Alleanze che Jahvè stabilisce: si tratta di particolari e speciali relazioni tra Dio e il suo popolo. Un cammino che ci porterà a celebrare la nuova ed eterna Alleanza che si compirà in Gesù, nel suo corpo e nel suo sangue versato.
La prima Alleanza che troviamo nella Bibbia e che ci viene presentata domenica prossima, è l’Alleanza con Noè. Ascoltiamo il racconto e lasciamoci condurre da questa pagina della Genesi.
Di fronte a fenomeni naturali di grande distruzione (terremoti, alluvioni…), spesso mi sono sentito ripetere: “Dio si è stancato di noi!”. Una espressione che esce dalle labbra di persone semplici, credenti, che cercano di interpretare ciò che accade dentro l’orizzonte di un male che sembra così diffuso, inarrestabile e incontenibile, da sfuggire ad ogni controllo. Come può rimanere indifferente il Signore di fronte ad esso? Come potrebbe non reagire adeguatamente Colui che ha fatto bene tutte le cose e che si oppone al male? Come Dio combatte il male?
I primi capitoli del libro della Genesi intercettano proprio questa e altre domande dell’uomo e attraverso questi racconti essi vogliono rivelare il volto di Dio. Rispetto all’intenzione originaria, il Creatore deve fare i conti con il cuore malvagio dell’uomo, i cui propositi “non sono che male, sempre” (Gen 6,5). E a seguire troviamo l’affermazione che riassume efficacemente l’idea che ho ricordato all’inizio: “(…) si pentì e se ne addolorò” e disse: “cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti” (Gen 6,6-7). L’amara constatazione è che la terra è piena di violenza (6,13) e che il male sembra compromettere irrevocabilmente tutto, ciò che di bello Dio ha creato. Non è quello che succede ad alcuni genitori (ed educatori) di fronte al comportamento non buono di un proprio figlio, al punto da desiderare di non averlo messo al mondo.
In realtà il racconto del diluvio narra di un Dio che non riesce a stare senza ciò che ha creato, dal momento che nell’Arca, che Lui stesso progetta, fa entrare sia l’uomo che gli animali, “due per specie, per conservarli in vita” (6,19). Non può farne a meno perché sono parte di sé. In quell’Arca, che resiste per 40 giorni alle grandi acque, c’è il germe della rinascita che prenderà forma dopo questa devastazione. Potremmo dire che i 40 giorni del diluvio sono il tempo che basta, il tempo giusto perché il Signore Dio rinnovi la benedizione sul creato (e non è altro che il tempo nel quale il seme, caduto in terra, muore, per germogliare). Le indicazioni precise che Dio rivolge a Noè assicurano che il pentimento del Signore Dio, per quello che ha creato, è solo apparente. Egli riparte con questo uomo, che ha in cuore ‘intimi intenti’ di male, ma insieme può anche essere “uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei” e che ancora cammina con Dio (6,9). Tuttavia anche Noè e i suoi discendenti non sono nelle condizioni di dare garanzie che il male sia stato definitivamente sradicato e affogato nelle acque del diluvio. Non c’è nessuna catastrofe, nessuna pandemia che riesca a purificare l’uomo, così da liberarlo dal male. Possiamo, pertanto, aggiungere che il rapporto con il creato si è incrinato e l’inimicizia è ormai iscritta nella creazione.
In questo contesto, molto realistico, Dio stabilisce un’Alleanza. Essa si fonda in quelle parole: “In quanto a me…”. Dio non parte da ciò che Noè e la sua discendenza può garantire. Ma da ciò che spetta a Lui. È Lui, per sé stesso, che si impegna a rendere stabile un legame. E tale stabilità, la assicura Lui.
Se l’Alleanza risulta fondata unicamente sul Signore, tuttavia prevede altro. Prima di tutto una legge, che vincola l’uomo e che permette all’uomo e al popolo di custodirsi, di rimanere nell’Alleanza. Qui Dio, “rassegnato” alla presenza della violenza, determina i confini perché sia arginata, impone un limite. Il Signore Dio domanderà conto della nostra vita e di quella del fratello. Perciò pone il limite verso la vita del proprio simile, come verso quella degli animali. Rispetto ai primi capitoli, si apre la possibilità di mangiare la carne degli animali, ma senza la vita (cioè il sangue). È il riconoscimento che si può disporre degli animali per nutrirsi, senza tuttavia disporre della loro vita. Quindi avendone rispetto anche per ciò che uccide. Si potrebbe dire: “vigila su ciò che ti spinge alla violenza”.
Ecco allora l’impegno che Dio mette nello stipulare l’Alleanza con Noè, i suoi figli e la loro discendenza, con tutti coloro che sono nell’arca. È un’Alleanza con l’umanità tutta, attraverso Noè. E l’Alleanza non si ferma a loro: essa coinvolge anche tutta la creazione che ha salvato nell’arca. Dio intende così salvare con l’uomo, suo interlocutore, tutta la creazione, dare ad essa un futuro. In definitiva l’Alleanza riconsegna l’uomo all’originaria responsabilità verso il creato (cfr. Gen 2,15: “il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e custodisse”).
In questa Alleanza il Signore Dio si obbliga a non dar seguito a nessuna azione di distruzione, in modo da interrompere la logica della violenza: nessuna carne, a causa sua, sarà più distrutta. Se per l’uomo pensa di porre un limite, per sé viene esclusa assolutamente ogni forma di violenza. Si apre così il senso di questa prima alleanza: Dio intende salvare ciò che ha creato dalle conseguenze della violenza e dell’inimicizia che l’uomo ha introdotto nell’ordine della creazione. Il creato diventa, addirittura, la firma di Dio, come ci ricorda Gesù: “(…) siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). La sequenza dei giorni è il segno della sua fedeltà, del suo amore. Dio ha preso l’iniziativa, con la sua bontà custodisce l’opera delle sue mani. E proprio questo impegno unilaterale di Dio ricorda all’umano la sua vocazione: “attraversare la propria animalità per potersi compiere a immagine del Dio di pace e di mitezza” (A. Wenin).
Ogni Alleanza, in forme diverse, viene sigillata con un segno: questa con l’arcobaleno. L’arco, che di per sé è uno strumento di morte, che, una volta teso, è minaccia verso qualcuno, ora diventa un segno di pace. Di alleanza. A tutti gli effetti si trasforma in ponte tra terra e cielo. A ben osservare, esso parte dalla terra e vi ritorna una volta attraversato il cielo. Tutto ciò che c’è sulla terra viene sottratto ad ogni spirito di violenza e di inimicizia, se e quando attraversa il cielo. Dove risiede il Dio dell’Alleanza con il creato.