Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato
S. Pietro
Col 1,15-20 Mt 6,24-34

Vorrei esprimere la mia soddisfazione e gioia perché questa celebrazione è il frutto della collaborazione di vari uffici. Questo dice una cosa importante, che la cura del creato non è di un qualcuno, ma ci riguarda tutti. E’ importante che su alcuni aspetti, su alcune dimensioni, su alcune preoccupazioni, come direbbe Gesù nel vangelo, ci sia convergenza, anche nel porre dei segni come è questa celebrazione. Siamo all’interno dell’iniziativa ecumenica, il Tempo del Creato, che si distende nel mese di settembre per compiersi il giorno di S. Francesco, il 4 ottobre.

Il messaggio di papa Leone per la giornata approfondisce il tema (“Semi di pace e di speranza”) scelto da Francesco. C’è stato, grazie a Francesco, un recupero di una crescente consapevolezza del legame profondo che esiste nella creazione con la storia degli uomini e viceversa. Quando l’armonia tra l’uomo e il creato è compromessa, la conseguenza si ripercuote sull’equilibrio instabile tra le varie realtà che costituiscono il pianeta. Questo legame si rende presente in modo speciale, ci ricordava Papa Francesco, proprio nel momento in cui viene meno l’armonia, in cui non viene rispettata questa armonia. In continuità con il magistero di Francesco, Papa Leone richiama il fatto che il creato calpestato non ha per tutti le medesime conseguenze: sono maggiori per le fasce più povere. Non solo, ma piuttosto che essere la condizione di vita (la ‘casa comune’) per tutta l’umanità, la creazione è ridotta a risorse disponibili per il controllo delle quali la terra diventa un ‘campo di battaglia’.  

In mezzo a noi sono presenti anche i nostri amici e fratelli che provengono da altri continenti dove questa povertà è più accentuata. Sono testimoni delle conseguenze di queste ingiustizie ambientali.

Ne deriva l’invito a sconfiggere l’approccio latente, che troviamo anche in noi, del dominio in forma dispotica, delle idee, delle risorse, delle possibilità che abbiamo. Ribadisce il S. Padre che non va mai abbandonato l’impegno a “coltivare e custodire” ciò che ci è stato dato, cioè il creato.

Questa giornata di preghiera è per la cura del creato, che diventa sempre più cura dell’equilibrio tra popoli, tra aree geografiche. Gli interessi di una parte non possono mai prevalere, al punto da compromettere la possibilità per altre popolazioni di vivere dignitosamente. Cura del creato equivale allora alla cura di una giustizia sociale. Papa Francesco diceva di una giustizia ambientale, ecologica.

A queste considerazioni che provengono dal magistero della Chiesa, vorrei aggiungere, quasi a completare questa prospettiva che ci viene data dalla sapienza della Chiesa, anche quello che possiamo raccogliere dalle due letture che abbiamo ascoltato. La prima lettura ci ha offerto un ulteriore elemento di riflessione.  Nell’ inno della lettera che S. Paolo scrive ai Colossesi abbiamo sentito: “Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui (Gesù Cristo) e in vista di Lui”.  

C’è un legame, in parte smarrito, tra Gesù Cristo e la creazione, che anch’essa ha in Lui, nella sua redenzione, un compimento. Non dobbiamo dimenticare che la creazione (cioè il mondo) è la condizione della sua redenzione. Quindi tutto ciò che è stato creato è anche via per giungere a Lui. Un aspetto – dicevo – tra Gesù Cristo e la creazione che andiamo a dimenticare. Per il passato era più spontaneo guardare alla creazione come una strada che conduce a Dio, origine di tutta questa bellezza. Ma in questa lettera San Paolo sottolinea un altro aspetto, che la creazione è la via per andare a Cristo. In questo senso non possiamo immaginare Gesù Cristo svincolato da quell’ambiente che appartiene a noi come è appartenuto a Lui. Nell’inno troviamo che la creazione è e diventa una strada, una via che conduce a Lui, perché tutto ciò che è stato creato è voce, espressione di Lui. Tutto porta la sua impronta.

Sulle medesime linee abbiamo riscontro nella pagina evangelica, nella quale Gesù fa una rivelazione della nostra vita, delle nostre preoccupazioni, a partire dallo sguardo su ciò che lo e ci circonda. Questo linguaggio molto semplice, usato tante volte da Gesù, parte proprio dall’osservazione dell’ambiente in cui siamo immersi, di ciò che produce la terra, di ciò che serve per far crescere le piante e i frutti della terra.

La creazione in mano a Gesù diventa rivelatrice del Regno di Dio, della Signoria del Padre sul presente e sul futuro. E’ vero che quando ci immergiamo nel creato ritroviamo la pace, sembra affievolirsi ogni forma di dominio che si manifesta nella frenesia, nell’ansia da prestazioni, nell’ossessione dei risultati e confessiamo: “si sta proprio bene!” Stiamo bene alla scuola dei ritmi della vita, delle cose, della contemplazione, dimenticando velocemente la logica che seguiamo continuamente. È riposante essere a contatto con la creazione. Perché? Perché ci ricollochiamo dentro uno spazio di equilibrio e smettiamo i panni del predatore, del consumatore insaziabile.

Ma anche, come ricorda Papa Leone, siamo invitati a gettare semi (è per l’appunto il tema della giornata) di pace e di speranza. Semi che sono stili di vita in armonia con ciò che ci circonda. Il Regno di Dio è un seme: spetta a noi credere nella forza di un seme gettato perché con il tempo dia frutto.  

Allora vogliamo che anche questo momento sia un seme. Un seme di comunione, di consapevolezza, di fede. Uniamo i cuori nel gettare un seme di pace, nella preghiera, nell’ invocazione. Perché vinca la pace. Là dove, ancora oggi, continua a permanere la violenza, la morte e la forza del dominio prevalga il seme che poniamo tra di noi.

Invochiamo coralmente, ancora, il dono della pace.