Is 62,11-12
Lc 2,15-20
Tt 3,4-7
Stamattina mi piacerebbe con voi riprendere quello che ho scritto nel messaggio per il Natale pubblicato nel nostro settimanale, Il Nuovo Giornale. Vale a dire il suggerimento di entrare nel presepe e di diventarne parte: perché, per rendere vivo il Natale e non una semplice narrazione del passato, ci è richiesto di metterci in gioco occupando un posto. Tenendo conto che il centro è il bambino deposto in una mangiatoria.
Il presepe – così come l’ha pensato S. Francesco – in realtà la prima volta è stato fatto la notte e il giorno del primo Natale. Abbiamo sentito nel vangelo che appena gli angeli se ne vanno, i pastori si dicevano l’un l’altro: “Andiamo a Betlemme, a vedere questo avvenimento”. E partono, entrando a tutti gli effetti dentro l’avvenimento. Entrano in scena.
“Si dicevano l’un l’altro”: fin dall’inizio si cerca compagnia per decidere di andare e per non fermarsi lungo la strada. Perché abbiamo bisogno di essere di essere confermati che ne vale la pena. È importante che qualcuno ci sostenga, che ci incoraggi a partire. Abbiamo tutti bisogno che qualcuno ci presti un po’ della sua fede, del suo coraggio, della sua fiducia. Ogni cammino di fede (e di vita) è fatto insieme con qualcun altro. Benedetto chi ci è messo accanto. E che è disposto a ritmare il suo passo con il nostro.
Improvvisamente in quel passa-parola incuriosito, la notte si anima e comincia a prendere forma il presepe. Ci sono anch’io. Ci sei anche tu. Dov’è il tuo posto? In che statuina ti ritrovi? E in quale vorresti invece stare? C’è chi ritiene di non potersi avvicinare troppo alla grotta, di dover stare a distanza: hanno più diritto gli altri! A chi basta guardare da lontano: e se poi qualcuno mi riconosce? Magari mi vergogno. Forse c’è chi è indifferente: chi ha sentito l’annuncio e chi invece non ha sentito nulla. Chi è preso troppo dalle sue cose… sono cose da bambini. Sarà per un’altra volta.
A chi l’annuncio del Natale ha fatto rinascere in cuore la speranza. Chi ha fatto strada e chi invece vede Gesù ancora lontano o sta procedendo un po’ per inerzia.
È proprio vero che il presepe è un’istantanea della nostra vita, ma anche un’opportunità di far crescere il desiderio di un cammino. È Natale anche per Gerusalemme e Betlemme assopite. È Natale anche per Erode, ossessionato dal potere vedendo nemici ovunque. Non solo per Giuseppe e per Maria.
Questo bambino non è per i suoi genitori. “È per voi”. È per te, segno di quanto gli stai a cuore. Ti viene a cercare ma ti chiede di uscire da casa tua, dal tuo mondo chiuso in sé stesso. Vuole entrare nella tua vita ma perché tu esca dalla prigionia del tuo passato. Il Natale è un bambino che salva: è piccolo perché deve crescere. È potente perché è Amore. È allo stesso tempo fragile perché sia custodito e perciò perché tu ti prenda cura. Non dire “come è possibile?”, perché “niente è impossibile a Dio”. Non ti preoccupare se ti presenti a mani vuote, saranno riempite da Lui. Di Lui.
Concludo con le parole del messaggio che ho ricordato: Natale è l’irrompere di un Dio che si abbassa, in un’umiltà esagerata. Un Dio che non si arrende fintantoché non trova una qualche fessura dove porre la sua presenza di amore. Buon Natale a tutti e a ciascuno.