Is 52,7-10
Eb 1,1-6
Gv 1,1-18
“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio»”.
Siamo intasati e stanchi di cattive notizie, eppure sembra che proprio la cronaca nera attiri il maggior interesse. Siamo nauseati dei toni aggressivi e gridati di fare politica, della permanente delegittimazione reciproca e da ciò che la rappresenta mediaticamente, ma sembra che solo così aumenti il consenso (anche se a scapito della fiducia nell’esercizio della democrazia). C’è, per fortuna, chi ha pensato di dare voce alle “buone notizie”, che, di loro, sembrano non aver diritto di cronaca. Sono declassate a non-notizie.
Allora c’è bisogno della tenacia del cuore, di piedi saldi, di polmoni con grande respiro per attraversare i monti che si frappongono alle notizie buone. C’è bisogno più che mai di messaggeri audaci che non si arrendono alla cronaca che continua a bombardarci di notizie di morte; di guerre che trasformano civili indifesi in campo di battaglia; di violenza funzionale al potere politico ideologicamente malato che solo così sembra in grado di sopravvivere; messaggeri che non si arrendono davanti alla sequenza di quella violenza che si accanisce sulle relazioni più preziose, come quelle affettive.
Bersagliati e forse assuefatti alle cattive notizie, sembra imporsi la domanda: c’è posto per il Natale? Che è Buona notizia? C’è posto per l’evento che ha la forza disarmata di combattere la rassegnazione? Di cogliere in un bambino un salvatore?
La salvezza – ci dice Isaia, il profeta della speranza – avviene perché “Regna il tuo Dio”. Fintantoché permettiamo che regni il mio-il nostro io, non ci sarà spazio per arginare le notizie che conosciamo.
C’è ancora posto. A condizione che non alimentiamo gli arsenali di acredine, di risentimento, di ostilità. Papa Francesco ritorna con insistenza a raccomandare di disarmare il cuore. In questo processo di disarmo unilaterale (perché non possiamo condizionarlo agli altri) la lotta è verso i sentimenti che nascono dentro di noi. E verso i quali abbiamo la responsabilità di assecondarli o di interromperli.
Il Natale è l’annuncio che “veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Una luce che continua a venire instancabile: è Gesù che viene a portare alla luce ciò che siamo e che viviamo. Illuminando il nostro vissuto e lasciando che sia la sua persona e la sua parola a giudicarlo, solo così potremmo dire che in noi “Regna il nostro Dio”. Il primo nemico della pace o il suo primo alleato è il nostro cuore, a condizione che non si erga a regola indiscutibile: “io sento così…”.
Il bambino del Natale è luce che può spegnersi immediatamente se non custodita e alimentata. È un amore sprecato se non viene ad abitare in noi. Se non realizza quello che Giovanni ha contemplato: “A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Ecco la potenza del Natale, di quel bambino che oggi possiamo accogliere: ci fa diventare figli che hanno i tratti e il cuore del Padre.
La ricaduta nell’ambiente in cui viviamo sorgerà proprio da questa novità. Che è un processo inesauribile: noi diventiamo figli di Dio. Giorno dopo giorno.
Allora i messaggeri di buone notizie diventiamo noi. I piedi e il cuore che sanno superare e attraversare i monti saranno i nostri. Disarmati non significa rassegnati. Tutt’altro: tenaci. Consapevoli che a noi è affidato un messaggio che ha la forza e la debolezza di qualcosa che si offre in modo discreto ma credibile.
Augurarci Buon Natale significa consegnarci gli uni gli altri ad una buona notizia capace di intravvedere i sentieri che Gesù, Principe della Pace, è venuto ad inaugurare. Per crederci che sono percorribili. Anche per noi.
Buon Natale!