Carissimi fratelli e sorelle,
non ho mai atteso così tanto la Pasqua. Credo che la mia esperienza sia condivisa da noi tutti, affaticati da questo lungo e tribolato cammino, con un pesante carico di sofferenza nel cuore. Quanti lutti, quanta angoscia, quanto smarrimento! Proprio in questo tempo così drammatico, ho spesso rivolto lo sguardo verso la Pasqua del Signore Gesù, nostra unica speranza. Ho più volte meditato il salmo 136, con il pianto degli esiliati: “Come cantare i canti del Signore in terra straniera?”. Ma propria nella terra diventata straniera, ecco la memoria di Gerusalemme e l’attesa della Gerusalemme nuova: “Se mi dimentico di te, Gerusalemme, se lascio cadere il tuo ricordo, si dimentichi di me la mia destra, mi si attacchi la lingua al palato”.
So che molte persone, magari in passato piuttosto distratte, hanno avvertito nel cuore questo bisogno dell’annuncio della Pasqua, come liberazione dal male, da ogni male, come risurrezione e vita nuova, come luce e pace dell’anima inquieta. La pandemia, che all’inizio ci veniva presentata come un’influenza un po’ più maligna, ha stravolto le nostre vite, quasi all’improvviso. Nel giro di pochi giorni, con il diffondersi di notizie tragiche e con le restrizioni sempre più dure, abbiamo sperimentato la nostra fragilità e la nostra povertà, abbiamo avvertito l’ansia, la paura, la solitudine. Tutto questo sta segnando, segna e segnerà le nostre vite, nelle nostre case e nelle nostre comunità, nel nostro Paese e nel mondo intero.
Ecco l’attesa della Pasqua, il desiderio di poter anche noi, come Maria Maddalena in lacrime, incontrare Gesù risorto il mattino di Pasqua. E così anche noi, come questa donna, poter annunciare agli altri, col cuore in gola: “Ho visto il Signore!”. Anche a noi, che abbiamo attraversato il deserto della Quaresima con giorni dolorosi di passione, sia concesso far salire dal nostro cuore il canto: “È risorto! È veramente risorto!”.
È un dono, la Pasqua, è la grazia che invochiamo con fiducia. Perché sappiamo che proprio per questo Cristo è morto ed è risorto. È morto per liberarci dal peccato, dal male, dall’oscurità, ed è risorto per noi, per la redenzione della nostra storia, quella di ieri, di oggi e di domani. È il messaggio di vita e di speranza che i cristiani continuano ad annunciare duemila anni dopo quell’evento, dopo aver attraversato e superato difficoltà di ogni tipo. È il messaggio che infonde in noi e nella storia quelle energie interiori di cui abbiamo particolarmente bisogno oggi a sostegno della vita. Energie spirituali che provengono dal cuore ed entrano nella nostra vita, consentendoci di camminare sulla pista del deserto di questo comune esodo per arrivare a trovare le condizioni, difficili ma possibili e feconde, di un nuovo inizio
In questo percorso non sono mancati e non mancano luminosi segni di vita, di speranza, di risurrezione. Penso alla dedizione estrema di molte persone in situazioni precarie, dai medici agli operatori sanitari, dai volontari a tutti coloro che hanno continuato a lavorare per essere al servizio, dalle famiglie costrette a ridefinire spazi e tempi ai docenti e a tante altre categorie che hanno cercato di rispondere alle varie esigenze e preoccupazioni. Penso a tante persone che hanno sentito la forza della preghiera, viva e concreta, hanno espresso la fraternità della condivisione spirituale con un atteggiamento più aperto all’attenzione, al rispetto e alla cura per l’altro. Sono segni importanti in mezzo alla dura prova, che non è ancora finita.
Alla luce di questi segni, che accogliamo come grazia, ci apriamo ad accogliere con il cuore purificato e libero la luce della Pasqua che illumina la più grande oscurità, quella della morte, del dolore, della sofferenza. La luce della Pasqua dona lo sguardo fiducioso che orienta le nostre vite, con uno stile che sa attraversare le prove senza cadere nella disperazione. La radice feconda della Risurrezione di Cristo e della nostra risurrezione con Lui, è grazia che agisce nella vicenda umana donandole senso e speranza. La Pasqua del Signore Gesù è il lievito che, in ogni contesto, anche il più difficile, genera vita nuova, relazioni buone e fraterne.
Con il dono della Pasqua, invocato con fiducia e accolto con cuore aperto, ritroviamo la gioia di sentirci amati e custoditi dall’amore di Dio che ci sospinge a risollevare lo sguardo e a contemplare la croce con gli occhi dell’Amore crocifisso: nella carne di Cristo crocifisso si trova la nostra carne ferita, nel suo cuore vi sono i nostri cuori. E soprattutto ciò che si è compiuto in Cristo, morto e risorto, si compie ora in noi e nella nostra vita.
Guardando quell’uomo crocifisso tra la terra e il Cielo, contemplandolo con uno sguardo più profondo, scopriremo che la Croce è il segno luminoso dell’amore di Dio per noi. Quel Crocifisso ci assicura che Dio si è abbassato fino a noi, fino alle nostre sofferenze, fino a giungere nell’angolo più buio della nostra vita per tenderci la sua mano e tirarci a sé, portandoci fino a Lui, che è il Dio della vita.
Avremo modo – speriamo presto – di ritornare a celebrare insieme la Pasqua, a darci la mano e l’abbraccio di pace, a nutrirci del pane della vita. Rinnoviamo oggi la nostra fede nella potenza dell’Amore di Dio, riconosciamo con fiducia che in ogni situazione della nostra storia, Dio è capace di vincere la morte, il peccato e di donarci una vita nuova, risorta.
Buona e santa Pasqua a tutti! È l’augurio che rivolgo a tutti voi, cari amici. Benedico tutti di cuore nel Signore.
Vostro aff.mo vescovo + Gianni Ambrosio