Veglia diocesana di preghiera
Mc 9,38-43 Ger 30,15-17 Mt 5,13-16
La comunità cristiana in questo giorno di memoria dolorosa per le ferite inferte alla dignità delle persone – che è l’abuso di ogni genere – esprime insieme alla vicinanza alle vittime, la fiducia nella forza della preghiera. Perché con la preghiera noi riaffidiamo la nostra umanità, con le relazioni che le appartengono, all’azione creatrice e ricreatrice del Dio della Vita. Il Creatore, ci narra il racconto della Genesi, al termine di ogni giorno si ferma e contempla ciò che ha creato e con compiacimento “vide che era cosa buona”. Dove il buono coincide con il bello. Davanti alla bellezza delle sue opere possiamo dire, gioisce.
Quando agiamo contro l’umano (così come verso ogni altra creatura) è la bellezza originaria ad essere ferita. Così da farsi strada nella vittima la sensazione che sia avvenuto qualcosa di irreparabile.
In questo stretto legame (tra creatore e creatura) la rivelazione ci attesta che il dolore della creatura è sofferenza del Creatore. Egli è il primo a patire con la persona ed è il primo, soprattutto, a non arrendersi al male e alle sue conseguenze.
La pagina profetica ascoltata, dal libro del profeta Geremia, da cui è tratto il tema di questa III Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, è tra le testimonianze di come il Signore è partecipe dei drammi umani. Egli si impegna con tutte le sue forze a “cicatrizzare le tue ferite” e, promette, “ti guarirò dalle tue piaghe”. Quanto il Signore è severo verso chi ferisce (abbiamo sentito nel brano evangelico), tanto è decisiva la sua azione per intervenire lì dove l’uomo, da solo, non può riuscire: guarire ciò che sanguina. Egli intercetta il grido provocato dalla ferita. Chi dà la dignità perduta, o comunque compromessa, è l’amore che sta all’origine di ogni esistenza. Lo sguardo del Creatore e Padre si rinnova, per ridare bellezza, a fronte della incapacità, da parte di chi è stato vittima, di guardarsi così: di riconoscere la propria bellezza. Che è stata sfigurata.
Mi è venuta in mente un’arte giapponese, il Kintsukuroi, fondata su una tecnica che aggiusta ciò che si è rotto, riempiendo le crepe, le fessure con l’oro. Un vaso riparato riesce in questo modo a mostrare sia la fragilità (che è addirittura esaltata con l’oro) che la forza di resistere. Per ridare bellezza e valore a ciò che si è infranto, è necessario l’oro, come pure mani abili a mettere insieme ciò che la ferita ha infranto. L’oro, nell’iconografia orientale, rappresenta Dio, che in quest’arte interviene per ricreare un’unità compromessa. Addirittura è proprio questa presenza puntuale a trasformare quell’opera: essa non è ciò che era prima, ma qualcosa di nuovo. L’opera di Dio permette di rigenerare, dentro alle stesse ferite.
È proprio questo che chiediamo stasera per chi è stato vittima: di trovare anche ai propri occhi la bellezza perduta, grazie ad un Amore (quello di Dio) che lo raggiunge proprio nella sua ferita.
Gesù ci ha appena consegnato un duplice mandato: di essere sale e luce. Al gusto, al sapore a cui è legato l’uso del sale, sappiamo che c’è una lunga tradizione che lo utilizza per conservare nell’integrità ciò che più facilmente è deperibile, corruttibile. Le relazioni tra noi, le relazioni tra generazioni, le relazioni verso chi è più indifeso… sono ciò che ci è detto di custodire con il sale della Sapienza. Vale a dire con lo sguardo che è lo stesso di come fin dall’inizio Dio guarda la realtà creata. Con amore singolare, come a qualcosa di sacro perché gli appartiene, perché lo ha fatto a sua immagine.
La luce equivale alla volontà che niente sia nascosto, che tutto sia coraggiosamente portato alla luce con verità. Non solo, ma che il nostro modo di pensare e agire sia illuminante anche per altri ambienti di vita, agenzie educative, istituzioni. L’opera che come Chiesa italiana stiamo promuovendo, di ambienti e di stili di relazioni tutelanti, possa diventare, in un dialogo di corresponsabilità, stimolo per crescere ovunque in umanità. In tutta la sua bellezza.
Besurica – 18.11.23