San Lazzaro
At 4,32-35
1Gv 5,1-6
Gv 20,19-31
In questa settimana di Pasqua siamo stati introdotti progressivamente dalla Pasqua di Gesù alla Pasqua della comunità, passando per gli incontri personali che il Risorto ha con le donne e con alcuni dei discepoli (che potremmo chiamare la ‘Pasqua del discepolo’).
La comunità cristiana è la comunità del Risorto, perché nata da Lui e in quanto rigenerata continuamente dalla potenza della risurrezione che celebra, prima di tutto nell’Eucaristia.
“La vittoria che ha vinto il mondo” – ci ha ricordato s. Giovanni – “è la nostra fede”. Cioè il mondo, con la mentalità dominante in ogni tempo, può essere sconfitto (in noi prima di tutto) se noi ci affidiamo e ci fidiamo della logica pasquale. Cioè se crediamo che il Crocifisso è veramente Risorto.
La vittoria, che il Risorto è venuto a realizzare, è fondamentalmente sulla paura. La minaccia più grande per ognuno e per la comunità cristiana è proprio la forza della paura (“erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei”). Per paura erano fuggiti, per paura Pietro aveva rinnegato Gesù… Per paura. Timore di essere derisi, messi ai margini, rifiutati. Paura di non contare nella società e negli ambienti di vita… Paura di non essere considerati. Paura della morte. Sono queste le paure di allora e di oggi.
Gesù, una volta risorto, entra nelle paure dei discepoli, nelle nostre paure. E notiamo con quanta delicatezza: “Venne e stette in mezzo a loro”. Prima di parlare sta in mezzo. Gratuitamente viene, senza che i discepoli possano rivendicare alcun diritto. E non li rimprovera! Mostra loro semplicemente i segni della passione: quei segni della croce li porta con sé perché non sono solo segni di violenza, di prevaricazione ingiusta, segni di una violenza che ha una forza che si prolunga nel tempo e che non può essere facilmente cancellata… sono anche e insieme segni del Suo amore. E che cosa rivela questo? Le piaghe del risorto ci dicono che il male, il potere politico o religioso con i suoi soprusi, la forza esibita per eliminare l’altro… tutto ciò che è raccolto nella Passione di Gesù ha una vittoria solo apparente, temporanea. Gesù vince e continua a farlo con la forza dell’amore, dell’offerta di sé. Con la forza della fede.
In questo modo Egli irrompe (a porte chiuse) dentro la sua comunità. In che modo la sua vittoria trasforma anche la comunità di discepoli? Quando nella comunità si vede la vittoria sul mondo?
- “Nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, fra loro tutto era comune”.
Uno degli effetti della paura della morte è l’attaccamento ai beni, alle proprie sicurezze. È il possesso. La comunità pasquale riconosce come illusoria la via dell’attaccamento alla ricchezza/cose/doni ricevuti… alle proprie sicurezze. Ciò che appartiene a ciascuno non è di sua proprietà, ma egli ne dispone per usarlo, nell’ottica però di beni a servizio di tutti, perché non manchi a nessuno il necessario.
Uno dei segni della Pasqua per il discepolo e per la comunità pasquale è il rapporto con i beni, con ciò che abbiamo e che siamo, nella loro destinazione universale. Come una comunità cristiana può manifestarsi come generata dalla fede nella risurrezione di Gesù? Nel modo di usare delle cose.
- “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro cui perdonerete i peccati, saranno perdonati…”
Una comunità pasquale custodisce ed è strumento del perdono di Dio. Perché il perdono avviene dall’alto della croce (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”). E non perché si è più bravi degli altri, meno irascibili o vendicativi, ma perché si riceve lo Spirito Santo. Vale a dire ciò che, per s. Giovanni, esce dalla bocca del Crocifisso come suo ultimo dono (“consegnò lo Spirito”). Il Crocifisso consegna lo Spirito, il Crocifisso Risorto lo effonde sulla comunità radunata nel suo nome. Si tratta cioè dell’amore che rende impotente il peccato sia per chi lo compie, che per chi lo subisce (il male ricevuto ha il potere di attirare a sé, cioè di generare il desiderio di fare il male, in chi lo subisce). Una comunità cristiana è allora generata dalla Pasqua quando in essa la logica del perdono dimora e favorisce percorsi di riconciliazione e di pace.
“Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”: con la stessa forza, con la stessa modalità. Con lo stesso Spirito. Il Signore Risorto trasforma questa nostra comunità di discepoli in una comunità pasquale perché anche attraverso di noi l’efficacia della sua Pasqua raggiunga noi e quanti ci sono affidati. Come fratelli e sorelle.