Bedonia

Col 3,12-17

Lc 6,27-38

I numerosi incarichi ricoperti in diocesi e l’appartenenza al Capitolo della Cattedrale poteva giustificare questa celebrazione in Cattedrale a Piacenza. Ora, il fatto che oggi ci troviamo in questo Santuario a dare l’ultimo saluto a mons. Ponzini testimonia il suo legame con questa terra, con queste comunità e con questo luogo. Egli ha espressamente voluto essere sepolto qui, nel cimitero di Isola, “assieme a quelli delle tante persone che come me hanno amato e cercato di onorare la nostra terra” (dal suo testamento). I suoi ultimi anni di vita ha voluto trascorrerli all’ombra della Madonna di S. Marco, a portata di mano della sua Isola, dove (me l’ha ripetuto tante volte) aveva avuto i natali. Una sorta di vanto e di legame viscerale. Pur avendo vissuto a Piacenza una pluralità di servizi diocesani (ricordati all’inizio della celebrazione) sembrava come in trasferta, in un domicilio temporaneo, perché la sua abitazione rimaneva qui.

Nel suo testamento spirituale egli ripete un verbo in forma litanica: “ho amato”: ho amato il Signore (“nei limiti della mia fragilità”), ho amato la Chiesa – la Chiesa piacentina (recuperata nella sua tradizione storica), ho amato la parrocchia di Isola.

È bella questa confessione di carità: nel momento in cui si immagina nel passaggio della morte, dove tutto viene raccolto, con onestà d. Domenico fa i conti realistici con la propria fragilità. Ciascuno si misura con lo scarto tra il desiderio di amare e la sua realizzazione. Eppure anche in questa consapevolezza rimane l’amore, l’amore che è stato possibile compiere. Don Domenico ci assicura che così come è riuscito, ha cercato di amare. E il Signore, nella sua misericordia, come in un setaccio, fa passare al vaglio il nostro agire recuperando l’amore. È motivo di consolazione sapere che il Signore si impegna a recuperare il bene, l’amore che abbiamo saputo vivere. Questo non andrà perduto.

È quello che ci ha raccomandato S. Paolo nella pagina ai Colossesi: “rivestitevi della carità”. La carità, che è come un abito che ci copre, si declina in tante forme e fa un tutt’uno con la bellezza e la verità.

La passione che d. Domenico ha messo nella cura del patrimonio storico-artistico, nel recupero delle tradizioni di vario genere è da annoverare tra le attenzioni alle diverse dimensioni della persona. Questo suo impegno va letto in continuità e in coerenza con il servizio liturgico e la formazione che sono stati altri campi del suo ministero in diocesi. Appartengono ugualmente ai bisogni di ogni persona e di ogni comunità il momento celebrativo, le espressioni artistiche, il legame e la conoscenza della storia, la valorizzazione delle tradizioni di fede e delle devozioni dei santi. E dove c’è una domanda umana, lì c’è spazio per la carità.

Perché il suo amore non era rivolto agli edifici, ai documenti storici e di archivio, neanche alle cerimonie (come le chiamiamo impropriamente), ma a quello che essi custodiscono e rivelano per le persone in ogni epoca. A favore della fede e della testimonianza credente.

E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre” (così s. Paolo). Ho trovato una singolare coincidenza tra queste parole dell’Apostolo e il titolo del testamento di d. Domenico, che recita così: “Nel nome del Signore. Amen”.

Credo sia il miglior auspicio per ciascuno poter dire il proprio “Amen”, cioè la conclusione della propria vita, il proprio “ci credo!”, con le parole: “Nel nome del Signore”. Ho cercato di fare e dire tutto nel nome del Signore, non nel mio nome o per far valere il mio nome di fronte agli altri, ma perché si innalzi un rendimento di grazie a Dio Padre. A questo dovremmo aspirare, essere motivo di lode a Dio con la nostra vita.

Se d. Domenico confida “nella sua misericordia”, per fondare la speranza nella pace eterna, ci vengono incontro le parole di Gesù appena ascoltate: “una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”. Efficace questa immagine di un Dio che non ha misura nel suo amore, nella sua misericordia: in misura tale che addirittura non siamo in grado di contenere.

O Padre, riconosci tutto ciò che il nostro fratello d. Domenico ha saputo dare, e tu mantieni, nella tua misericordia, le promesse di una misura abbondante, colma e traboccante di grazia, perché si apra per lui la pace eterna e la pienezza di vita.