Gv 14,1-6
Si sta concludendo davanti a noi e alla comunità piacentina l’esistenza terrena di d. Eliseo. Un’esistenza ricca non solo per il numero di anni, ma per l’intensità con la quale è stata vissuta. Il suo passaggio tra noi ha lasciato segni di fede, di speranza e di carità. Siete in particolare voi, oggi convenuti (così numerosi), a custodire ciascuno una porzione di questa fedeltà al Signore. A comporre questo puzzle di servizio ministeriale. In questi primi mesi di permanenza a Piacenza-Bobbio non sono riuscito ad incontrarlo di persona, ma l’ho incontrato in diversi incontri con gruppi e persone che lo hanno evocato come l’iniziatore, il sostegno, il riferimento intelligente e appassionato di tanti cammini. Una vita da credente e da sacerdote spesa, con tutta la sua umanità.
In una settimana ci hanno lasciato per l’incontro con il Padre due pezzi della nostra storia, ecclesiale e presbiterale, due sacerdoti espressioni di due anime (una sorta di due polmoni) della vita di fede ed ecclesiale. Il radicamento nella concreta vicenda di una comunità parrocchiale e l’impegno profuso per dare un’anima credente ad un nuovo spazio di convivenza, ad un nuovo quartiere (d. Giancarlo Conte), ed oggi la passione per l’incontro in uno spazio che non è geografico-territoriale, ma è lo spazio dell’umano. Lo spazio della convivenza civile, della ricerca di senso, del compito educativo, del confronto culturale. È la passione che espone la fede, la Chiesa e il prete fuori di uno spazio garantito e protetto, per accettare la sfida dell’incontro con tutto e con tutti.
Esposto perché spinto da quella certezza che S. Paolo recupera, nel suo discorso ad Antiochia di Pisidia, citando il salmo: “Mio figlio tu sei, io oggi ti ho generato”. Ogni giorno, ogni condizione e situazione sono propizie, sono favorevoli perché Dio possa far nascere/generare figli e figlie, anche dalle pietre (cfr. Mt 3,9). Perché nessuna forma di chiusura e di resistenza può impedire a Dio e alla sua Grazia di raggiungere e conquistare il cuore e la mente di chiunque.
Don Eliseo è stato uno di quei sacerdoti che hanno abitato spazi non convenzionali, perché ogni spazio può diventare spazio sacro, cioè luogo della manifestazione di Dio. Ci vuole la fiducia in un “oggi” che non dipende da noi e dai nostri criteri per intraprendere cammini missionari, per non restare a riva.
Nelle parole di Gesù, che appartengono al grande discorso di congedo del IV vangelo, Egli invita a non lasciarsi turbare, in forza di una fiducia riposta in Lui e nel Padre. Egli parla di un posto preparato perché “dove sono io siate anche voi”. Il riferimento immediato è al posto che ci attende in Dio, dopo la nostra morte, attraverso di essa. È consolante sapere che c’è un posto che ci attende. Tutto nostro. Prenotato. E che quel posto è abitato da Gesù e dalla sua misericordia. Ed è quello che sta per accadere a d. Eliseo.
Ma possiamo leggere questo ‘posto’ anche nell’orizzonte della nostra vita. Anche qui nell’esistenza terrena ciascuno/a deve occupare un posto e in esso noi siamo uniti a Gesù. In questo possiamo cogliere una rivelazione importante e rassicurante: Gesù ci precede laddove stiamo andando, in qualsiasi situazione ci troviamo a vivere. Ogni condizione che ci è dato di vivere è già abitata da Gesù, così che possiamo starci con lui e alla sua maniera. Ricordiamo infatti cosa annuncia Gesù il mattino di Pasqua alle donne: “Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea, là mi vedranno”.
Da quello che ho raccolto (dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto), d. Eliseo è stato per molti maestro sapiente, che ha saputo prendere posto nella vita della comunità ecclesiale, nella città e nella vita delle persone, consapevole che c’era già in atto un’opera del Signore; e che il modo per starci non era quello di chi conquista un posto (magari di potere), ma piuttosto di chi lo occupa con Gesù e come lo abita Lui. È tutt’altro che un modo di stare distaccato. Al contrario è partecipazione del mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio.
Condotti dalle parole di Gesù e soprattutto dal modo con il quale Gesù si è affiancato a noi, possiamo cogliere il profilo del pastore che con discrezione testimonia che Gesù è via, verità e vita.
E credo che si sposino in modo singolare l’immagine di d. Eliseo che apre la salita al Castore con quanto aveva detto: “Noi non abbiamo mai abbassato le montagne”. In una salita nessuno, neanche chi apre il cammino, è esonerato dalla fatica, perché per tutti c’è una mèta, che con la fatica, riserva qualcosa di inedito. La scoperta è nel cammino e al traguardo. Se Gesù è via, verità e vita, lo è per tutti sempre e nessuno, che lo voglia incontrare, può rinunciare a camminare con i compagni di viaggio che Egli ti mette accanto. Di volta in volta.
Raccogliamo davanti al Signore questa testimonianza di fede e preghiamo perché possa essere accolto in quel posto che il Signore Gesù ha preparato nel suo amore misericordioso. Un posto nel Cuore stesso di Dio, insieme a quanti fratelli e sorelle a cui ha dato posto nella sua esistenza di Padre.