Is 52,7-10 Eb 1,1-6 Gv 1,1-18

Il Natale è cosa seria: quel bambino che è nato per noi non suscita solo buoni sentimenti e forti emozioni, magari riattivando la nostalgia del passato. Questo bambino è la gloria di Dio che si irradia sulla terra e “impronta della sua sostanza” (Eb 1,3). In Gesù Dio ha lasciato l’impronta indelebile del suo passaggio. Si può capire dove ha mosso i suoi passi, dove ha sostato. Così si può dire chi Egli sia e cosa prediliga. Rivela che cosa siamo ai suoi occhi. Quando veniamo a contatto con la grandezza di Dio ne proviamo timore: è il sentimento che ci prende di fronte alla sproporzione che avvertiamo in noi. Se non viviamo così davanti alla grotta forse abbiamo banalizzato troppo questo bambino, così da perdere lo stupore del mistero che si sta rivelando ai nostri occhi.

La lettera agli Ebrei ricorda ancora che Dio “molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (…)”. Non è una novità il comunicarsi di Dio agli uomini, la cosa nuova e sorprendente è che si è giocato in prima persona, è nella carne del Figlio. Una Parola che parla senza parole. In quella notte solo in cielo dei canti, sulla terra il silenzio. Il Natale va contemplato. A dirci che dobbiamo lasciar risuonare la parola presente in quell’evento. La sua umanità, apparsa in questo modo, è una scelta, è la manifestazione di Dio e del suo Amore. Si presenta in forma discreta, nella debolezza, nell’ora in cui ogni figlio di uomo vive di cura e di protezione. A Natale appare un Dio mendicante del nostro amore, di quella risposta che ci è possibile. Da questo momento si istaura un legame profondo tra Dio e l’uomo, tra la santità di Dio e la carne dell’uomo. Si può dire che c’è realmente un po’ di Vita di Dio in ogni carne umana. Così che ogni volta che essa in qualsiasi modo è ferita, è violata, è minacciata, in Cristo è Dio stesso a patire e quindi ad essere offeso. Difendere Dio coincide con la difesa e la custodia di ogni sua creatura. Perciò custodire, promuovere nel rispetto ogni essere umano equivale a glorificare il Dio di Gesù Cristo. Rimanere indifferenti non ci è permesso, pena indebolire la fede stessa. In forza di quello che celebriamo, si può ben dire che “ogni giorno è Natale”. La celebrazione che stiamo vivendo illumina la nostra esistenza, ci consegna il volto di quel Dio presente nel quotidiano, nel feriale, nelle relazioni ordinarie. Così difficile da vedere e da riconoscere perché ‘troppo’ simile a noi.

È questa la Buona notizia! Buona notizia, come ha profetato Isaia, che mette le ali ai piedi, che attraversano i monti, messaggeri di pace. Piedi che non calpestano ma che avvicinano. Anche i piedi del messaggero lasciano impronte lungo il cammino perché altri trovino strade di pace. Stiamo assistendo in questo tempo, alla scelta della strada che sola sappiamo percorrere da noi stessi: quella della forza, prove di forza tra popoli, tra schieramenti, tra persone. Ma la forza, di sua natura, conosce la necessità di armarsi per mostrare i muscoli al nemico. Per giustificare una qualsiasi forma di riarmo, militare o non, ci si immagina un domani abitato da pericolosi nemici. Trasformando la pace in un equilibrio di forze contrastanti. Chiusi in questa logica non riusciamo a vedere altre strade, ci facciamo convincere che conflitti e armi coincidano. Anche se sappiamo che è una strada non solo costosissima ma soprattutto fallimentare, perché nasce e alimenta la volontà di sopraffare, di dominare sempre l’altro. Da entrambe le parti. In questo scenario sarà sempre e comunque solo una tregua. Raccogliendo gli appelli di papa Francesco prima e ora di papa Leone, vogliamo farci portatori di ben altra vocazione, di essere messaggeri di pace, non di deboli e incerte tregue.

Per chi celebra il Natale, nel quale Dio è venuto a scomodarsi accettando di legarsi all’umanità intera, è chiesto di sentire forte il vincolo con ogni angolo della terra dove il volto umano di Dio è ferito. Lì Lui si nasconde e si rivela insieme per far accadere di nuovo il suo Natale. Lì un posto per porre la sua tenda, lo trova di sicuro.

Buon Natale del Dio-con-noi, forte nella sua e nostra debolezza..