Santuario di Bedonia – 26/04/23
At 8,1-8
Gv 6,35-40
Nella tradizionale spiritualità, nella quale d. Luigi si è formato, il sacerdote era marcatamente “l’uomo dell’Eucaristia”. Sicuramente d. Luigi si è compenetrato nel riferimento spirituale della centralità della presenza reale di Gesù nel pane spezzato e della comunione con il suo sacrificio d’Amore. Allora non possiamo che leggere come provvidenziale la pagina del vangelo che oggi la liturgia ci propone. Si tratta di alcuni versetti del cap. 6 del vangelo di Giovanni, che si apre con il segno dei pani e dei pesci e che dà motivo a Gesù di sviluppare il lungo discorso sul pane di vita.
Gesù si presenta come pane che dona la vita. E per questo è pane necessario, perché ciascuno possa essere sfamato e nutrito, perché possa vivere. Un pane spezzato, cioè una vita consumata nel dono di sé. Possiamo a pieno titolo leggere l’esistenza di d. Luigi alla luce di questo pane spezzato. Non ha saputo immaginarsi, nonostante gli anni, fuori dell’immagine del prete che si consuma, che si dà per le sue comunità. Fino alla fine, fino all’ultima tragica curva. Ha dato la vita per la comunità a lungo a lui affidata. Ha dato, nel suo ministero, vita. E’ morto, ne sono certo, come avrebbe desiderato: sulla breccia, con ancora i suoi progetti da realizzare.
“Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me…” Anche queste parole di Gesù ci aiutano a leggere l’esistenza credente di d. Luigi. La (sua) vocazione è una consegna da parte del Padre di noi a Gesù. La vita di d. Luigi possiamo interpretarla come un progressivo affidamento del Padre a Gesù. Siamo attirati da Gesù, dalla sua persona, dal suo amore. Una vocazione sacerdotale, prima che riguardare le cose da fare, è una relazione con Gesù. Che non si interrompe mai. Neanche con la morte. E’ questo il segreto della bontà di una esistenza cristiana.
“Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato”.
Tutto è nelle mani di Gesù: l’intera esistenza nostra e quindi anche quella di d. Luigi. Non è solo custodia, protezione, è insieme mantenere in vita ciò che siamo. Non far cadere nell’oblio ciò che abbiamo vissuto, amato, compiuto. E’ straordinario essere certi, in forza delle parole di Gesù, riprese anche nel discorso dell’ultima cena, che niente si perderà. E non siamo noi a garantire un futuro, non sarà il nostro ricordo (peraltro sempre molto debole), ma è lui che ha in mano la storia, fino al più piccolo gesto di amore (come ci ricorda Mt 25). In questo momento doloroso, soprattutto per come si è conclusa l’esistenza tra noi di d. Luigi, noi celebriamo nella fede la certezza che d. Luigi è custodito nell’amore di Dio che non ha fine. Nella vita eterna.
Un pensiero e una preghiera vanno in questo momento alla comunità di Gravago e di Comune Stradella, come pure all’intera Comunità pastorale della Val Ceno di cui era parte per la sua lunga permanenza in questo territorio. Possa essere di consolazione l’esempio che d. Luigi vi consegna di una esistenza donata. Sono convinto che il suo rimanere fino alla fine tra voi è stato possibile perché in voi ha trovato risposta, corrispondenza di un legame profondo e di affetto. Il Signore continua a mantenervi radicati in Lui e nel suo amore.
Stiamo celebrando l’ultimo saluto a d. Luigi in questo Santuario mariano a lui caro, come a tutta la popolazione di queste vallate. Uno dei titoli che qui si assegna a Maria è proprio quello di “Vergine della consolazione”. Maria è Madre di consolazione e segno di sicura speranza. Nel suo venire qui, in questo luogo, d. Luigi ha alimentato la speranza in quel compimento che il Padre ci promette. Ora, per intercessione di Colei che invochiamo “Regina degli Apostoli” e “Porta del cielo”, lo affidiamo al Padre, fonte di misericordia, perché il futuro di gloria che promette ai suoi servi fedeli si apra per lui nel Regno dei cieli.




