Ap 7,2-4.9-14

1Gv 3,1-3

Mt 5,1-12a

Ogni anno questo luogo (come ogni cimitero) accresce con pezzi della nostra storia, personale e comunitaria. Ci diventa sempre più familiare, perché qui riposano dei legami che, se per un verso provocano sofferenza per lo strappo, dall’altro fanno crescere la coscienza della gratitudine. E perciò ci ricordano la doverosità e l’importanza di vivere e custodire i legami di oggi: preziosi e allo stesso tempo limitati (avranno un termine temporale). E non ne conosciamo la durata.

Per noi che oggi siamo qui, non semplicemente per una visita ai nostri defunti, ma per celebrare l’Eucaristia in questa Solennità di tutti i Santi, questo luogo umano, sottolineiamolo, perché ci riconduce alla nostra vera umanità, è anche luogo di fede. Di fede pasquale. È facile dimenticare che la nostra esistenza è raccolta tra due momenti di morte: il battesimo nel quale moriamo e risorgiamo a una nuova vita in Gesù Cristo, uniti a Lui e grazie a Lui. E la morte fisica, biologica. Anche qui noi celebriamo una nuova vita, anche in questo caso perché uniti nella fede a Lui, il Risorto. Dovremmo essere familiari con il morire, invece il morire viene percepito (allo stesso modo di chi non crede) come una fine da temere e quindi da allontanare. Non vuol dire che dobbiamo vivere come chi attende la morte, quanto come chi attende una vita piena, questo sì. Un compimento che è in parte in continuità con quanto abbiamo vissuto, perché il giudizio sulla vita sarà su quanto siamo stati uniti a Gesù, ma è anche in discontinuità. Certo noi non riusciamo a immaginarci se non dentro le coordinate spazio-temporali che conosciamo; dentro ad un corpo di cui conosciamo le caratteristiche; nello spazio delle relazioni che ci costituiscono. Ma Gesù viene a ricordarci che ‘la’ relazione che rimane è quella dell’essere figlio/a (“non ci sarà più marito-moglie…”).

Per questo s. Giovanni nella pagina che abbiamo ascoltato ci ha ricordato che chi “ha questa speranza in lui, purifica sé stesso”. Come a dirci che in questa speranza, nell’attesa che stiamo sperando, la nostra vita si purifica.

Quanti pesi, quante ansie, quante difficoltà potrebbero ridimensionarsi, purificarsi se facessimo memoria della speranza che ci è posta innanzi. Della vita piena a cui siamo destinati.  Allora chiediamo per noi (e i nostri cari sicuramente intercedono questa grazia) e per le persone care, che questa ‘visita’ aiuti a custodire la speranza di quello che ci attende nell’Amore di Dio, perché sia purificato ogni sguardo e ogni sforzo distorto e fuorviante del compimento che ci sta davanti.