Is 9,1-6
Tt 2,11-14
Lc 2,1-14
La notte di Betlemme, il popolo che camminava nelle tenebre, la nostra celebrazione che è chiamata “in nocte” richiamano il contesto nel quale risuona l’annuncio del Natale.
Buio – tenebre – notte non sono solo condizioni temporali, richiamano esperienze dolorose, faticose. Descrivono anche il tempo che stiamo attraversando. Una condizione esistenziale che, a differenza degli altri anni, ci accomuna. Non è solo di qualcuno, né di qualche parte del mondo. Forse per questa ragione quest’anno l’annuncio degli angeli può risuonare in modo più chiaro. Infatti, nelle tenebre una luce si vede, nel silenzio della notte una voce si distingue… e luce e voce, si invocano. Si attendono.
Oggi, come allora, il “mondo” va per la propria strada: Cesare decide di fare un censimento (sembra per motivi fiscali e militari). Censire è mettere uno accanto all’altro per tirare alla fine la somma. È controllo, è dominio. Quanto è alettante il ricorso ai numeri. I social alimentano questo bisogno: quanti amici? quanti followers? quanti contatti? e poi quanti soldi, quanti… quanti? Contare è potere. Ma è anche illusione, perché il bambino che nasce o coloro che muoiono al termine del conteggio non permettono di avere più in mano la situazione. Allora si deve ricominciare a contare. Sempre da capo. La realtà non si può mai dominare.
Un bambino che nasce alla periferia dell’impero è insignificante per i dati statistici, ed invece è decisivo per la storia. Stiamo andando fuori di testa perché non riusciamo più a programmare la prossima settimana, il prossimo mese, la prossima estate…
Non ci rendiamo conto che la logica che sta alla base del bisogno di controllare, a lungo andare, alimenta l’ansia e l’incertezza genera paura.
Abbiamo poi fatto nostra la convinzione che la salute sia tutto (“basta la salute!” ci ripetiamo ossessivamente). È un inganno! Se c’è una cosa precaria è proprio la salute. E l’emergenza sanitaria ce lo sta sbattendo in faccia. Così questo ‘idolo’ ci sta portando all’incapacità di accettare il limite. Il limite temporale della vita: dobbiamo morire tutti; il limite della medicina: non tutto si riesce a curare; il limite che è la costitutiva debolezza e fragilità umana: volere non è potere. Se ciò a cui tendiamo è la ricerca della salute è perché l’orizzonte è unicamente l’oggi e il qui, da preservare da qualsiasi nemico.
Di fatto abbiamo ridotto, quando non l’abbiamo eliminato, un ‘oltre’ che si apre e che non dipende da noi. Abbiamo realmente bisogno che il Signore ci apra un futuro. Che apra il cielo, chiuso sopra la nostra testa.
Ecco allora la grande notizia: “oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore“.
Chi ci è dato non è un taumaturgo, cioè un guaritore, colui che ci rimette in salute. È un Salvatore: uno che salva la persona e l’esistenza dal baratro della morte (che è di tutti). Che salva perché apre un futuro di vita oggi e dentro la morte, ogni morte. Salvatore perché rende stabile, in Dio, la nostra vita e non in balìa della precarietà che sperimentiamo.
E questo Salvatore è un bambino: colui che per vivere ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lui. Il nostro Dio entra così nella storia: im-potente perché non ci impauriamo, non ci difendiamo, non mettiamo avanti ragioni per sentirlo concorrente alla nostra felicità e alla nostra libertà. È un bambino che deve crescere, che chiede di crescere.
C’è un Dio che viene nella notte, ma non per spaventarci, bensì per farsi a noi fratello, per condividere le tenebre e per rischiararle. C’è bisogno di un Dio vicino, uomo come noi, e che, in quanto Dio, sia capace di sottrarci dal potere delle tenebre.
Il grande annuncio porta con sé una grande gioia, che è per tutti. Nessuno è escluso. Non è per chi garantisce davanti a Lui di essersi preparato adeguatamente a questo Natale. Non è per chi può vantare meriti o qualità integerrime. I primi destinatari, infatti, sono i pastori: proprio coloro che dal punto di vista religioso non erano considerati, perché non potevano osservare la Legge e tutti i suoi precetti.
La buona notizia è per tutti. Allora con gioia mi rivolgo ad ogni donna e uomo, di ogni età e in ogni situazione esistenziale e mi faccio voce degli angeli: “Non temete: ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, (…) è nato per voi un Salvatore”.
Per questo motivo il Natale è veramente buono.