Nm 6,22-27 Gal 4,4-7 Lc 2,16-21
Ripercorrendo le celebrazioni del “Te Deum” di questi ultimi anni mi sono reso conto che ogni anno aveva motivi per chiedersi: “ma c’è proprio da cantare il canto di lode e di ringraziamento alla fine di questo anno?”. La pandemia prima la guerra in Ucraina poi, che non sembra avere fine, la crisi energetica, oggi un nuovo fronte di distruzione straziante e insensato qual è il conflitto tra Israele e Palestina. A tale scenario si aggiungono le tante sofferenze che attraversano le nostre esistenze.
È l’esperienza comune per cui il male, di qualsiasi sapore, proietta un’ombra, una tristezza sull’intero orizzonte di vita. Il dolore che percepiamo è sempre maggiore rispetto alla sua causa immediata. Al punto che tutto il resto svanisce, scompare. È l’effetto totalizzante che il dolore produce in noi e nel sentire collettivo. Da qui nasce una specie di pudore nel gioire e nel dire grazie, perché ci sembra di non poterlo fare insieme. Con tutti. Provare vergogna nel farlo senza qualcuno ha una parte di verità, che se vogliamo è scritta nella frase che papa Francesco ha messo a tema per la giornata della pace dell’anno che stiamo finendo: “Nessuno può salvarsi da solo”. Si può gioire, ma il dolore dell’altro non mi può lasciare indifferente. Per un verso è legittimo riconoscere i benefici e gioire nel rendimento di grazie, per un altro questo ‘obbliga’ ad avvertire la responsabilità verso chi non è in grado di farlo.
Oggi, incontrando la comunità delle suore Orsoline, ho visitato suor Luisa, allettata e impossibilitata per questo a sedere a tavola con noi, che mi ha dato una bellissima testimonianza-lezione. Con un sorriso che le usciva dal cuore colmo di pace, mi ha confidato: “la mia preghiera è: grazie! grazie! grazie!”. Certo ha delle sorelle che amorevolmente si prendono cura di lei, ma avrebbe ben motivo di lamentare la sua condizione, di chiedere, anche di ribellarsi… In questa situazione di dipendenza la sua preghiera è un rendimento di grazie. Ho capito che si possono affrontare le avversità, le sofferenze con un previo atteggiamento di gratitudine, che indica il capovolgimento di quanto abbiamo ricordato prima: la potenza del male e della sofferenza si combatte con lo sguardo fisso su un amore che lo avvolge e lo vince. Anche nell’infermità ci sono ragioni che prevalgono su tutto e che permettono di riconoscere una grazia. L’amore gratuito.
Per questo motivo la Chiesa, non ad anni alterni, a seconda di come vanno gli eventi, non a discrezione di quanto ciascuno può valutare al termine di un anno, ma sempre invita tutti a cantare il Te Deum, a Colui che proclamiamo Signore, a ritrovare perciò i motivi perché questo canto corrisponda al vero. Stasera ciascuno è messo nelle condizioni di concludere un anno solare mettendo in fila i “grazie” al Signore. Allo stesso modo ciascuno dovrebbe esprimere la gratitudine a qualcuno/a da cui ha ricevuto gesti di prossimità, di amore, di testimonianza di fede. Una comunità (la famiglia, la parrocchia, la diocesi, un istituto religioso…) dovrebbe cantare il proprio Te Deum.
Allora penso alla nostra diocesi che può lodare il Signore perché non è mancata, grazie alla dedizione di sacerdoti e di diaconi, alla tenacia di tanti laici e laiche, alla testimonianza di religiosi e religiose, la grazia del Signore, nella liturgia e nella cura pastorale. Ci sono comunità che continuano a generare nella fede e, in un contesto non sempre favorevole, scelte di adesione a Gesù e al Vangelo. Una lode al Signore si innalza per il cammino sinodale e per la preparazione della Vista pastorale, che stanno coinvolgendo tante persone che ci credono.
Rendiamo grazie e lode al Signore per la beatificazione di d. Giuseppe Beotti. Un martire della fede che ci ha rinnovato nel desiderio di santità, di fedeltà coraggiosa. Si è rafforzata la coscienza di essere trasportati da una corrente di santità che viene da lontano. Di cui abbiamo bisogno.
Rendiamo grazie al Signore per la carità diffusa, che è riconosciuta e riconoscibile in alcuni servizi-segno, ma che è solo la punta di iceberg di tanti gesti ordinari che manifestano l’Amore che ci precede e ci accompagna.
Rendiamo grazie per le occasioni che si sono create per mettere insieme aneliti di pace e di giustizia; di incontro e di dialogo; di cura della casa comune. Un rendimento di grazie per ogni cammino intrapreso di collaborazione con le istituzioni a sostegno dei più bisognosi; per la crescita di una mentalità di tutela dei più piccoli e fragili; per la promozione di cultura e per la valorizzazione del nostro patrimonio. È il Vangelo che cammina e innerva la vita con le sue relazioni, personali e sociali.
Vorrei, non potendo continuare ad elencare i tanti rendimenti di grazie, invitarci tutti ad entrare nel canto che al termine della celebrazione faremo coralmente, completando, ciascuno per la propria parte, il grande rendimento di lode.
Al termine, Signore, ti lodiamo e ti rendiamo grazie perché continui a sostenere la speranza di fronte al manifestarsi del peccato, della violenza e dei conflitti. Perché rinnovi in noi la fiducia anche dentro alle delusioni e alle stanchezze. Perché rinnovando i tuoi sogni sull’umanità e il creato, anche attraverso la parola forte di papa Francesco, ci doni di non rassegnarci a ciò che sa di morte e ci doni di iniziare un nuovo anno sostenuti dalla fiducia che possa essere veramente Buono!
Cattedrale, 31.12.2023