Cattedrale Gn 3,9-15.20 Ef 1,3-6.11-12 Lc 1,26-38

La Solennità dell’Immacolata è per diverse realtà ecclesiali un giorno importante, un giorno di riferimento. A Lei esse si affidano. Penso all’Azione Cattolica -qui rappresentata- che nell’Immacolata affida l’inizio di un nuovo anno associativo, la giornata del tesseramento, cioè il giorno dell’adesione. Ci sono anche alcune comunità religiose a noi vicine, come le Orsoline, che portano nel loro nome la Vergine Immacolata. Oggi c’è qui una rappresentanza delle suore scalabriniane che 89 anni fa hanno affidato la loro fondazione all’Immacolata. Come mai? Cosa celebra questa Solennità mariana di così importante? In realtà è una Solennità che ha il suo focus, il suo centro in Dio. Potremmo dire che oggi noi celebriamo il per-primo-di-Dio. La sua iniziativa sempre sorprendente. Nel Suo amore preveniente c’è ogni inizio, ogni carisma, ogni realtà fondata nel Signore.

Basta mettere in fila alcuni passi delle pagine della Scrittura ascoltata per trovarne conferma, la conferma di questa iniziativa sorprendente e gratuita di Dio.

      Dio Padre in Cristo “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati”, così ci ha ricordato San Paolo. Il suo amore di elezione è prima della creazione del mondo. Perciò non perché ci ha visti all’opera e gli abbiamo fatto una buona impressione, perché gli siamo parsi affidabili. Dio ci ha scelti prima e grazie a Gesù, attraverso di Lui, ci ha attrezzati di santità, di desiderio di non rimanere inchiodati al male. Di rimanere, cioè, liberi e liberati dal male. Per quanto ci possa attrarre, il male ci disturba, ci appare incapace di esprimere in pienezza la nostra umanità. Ne proviamo dolore. E questo per grazia, per il Suo Amore.

      Questa iniziativa gratuita da parte di Dio la troviamo nella splendida pagina dalle Genesi che si apre proprio con la ricerca dell’umo da parte di Dio. La ricerca di Dio Creatore della sua creatura che è andata ad infilarsi nel dubbio: è mai possibile che Dio mi ami veramente? È lì che ha attecchito la tentazione dell’avversario, è lì che è iniziata la storia del peccato. Dopo la colpa Dio scende nel giardino e cerca l’uomo. Poi noi ci aspetteremmo la domanda: “cosa hai fatto?”, perché Lui sa cosa è successo. Invece nella brezza del mattino risuona la domanda: “Dove sei?”. Come mai non ti fai incontrare? Dio lo cerca per portare l’uomo alla luce, perché non rimanga nascosto, perché il male tende a farci nascondere. Dio invece lo guarda, anche se nudo, cioè in balia della sua debolezza. Sia l’uomo che la donna pur accusandosi l’un l’altra e il serpente alla fine confessano: “io ne ho mangiato”. Ecco la verità davanti a Dio, l’assunzione della propria responsabilità, perché il male tende ad autogiustificarci. La verità che Dio fa in noi è l’invito ad assumerci le nostre responsabilità. Notiamo che il vero castigo, la maledizione, non cade sull’uomo, ma cade sul serpente. All’uomo invece Dio provvederà con delle pelli con le quali lo veste. Ecco ancora il volto dell’amore preveniente, gratuito di Dio.

      E infine abbiamo sentito nel Vangelo: “Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te!”. Quel titolo (“piena di grazia”), che ripetiamo ogni volta che recitiamo l’Ave Maria, coincide con l’essere ricolma, traboccante di Grazia (“hai trovato grazia presso Dio”). Ancora una volta constatiamo come l’amore anticipi qualsiasi risposta, da sempre e per sempre.

Se è vero che oggi celebriamo il “sì” di Maria, la sua obbediente adesione alla chiamata di Dio, non possiamo dimenticare che esso è avvolto da un’azione preveniente che crea le condizioni perché quel “sì” possa essere pronunciato. Ogni “sì”, ogni nostro “sì” è possibile, nella misura in cui lasciamo far prevalere in noi l’amore gratuito di Dio.

Ma in quel “prima della creazione del mondo” è iscritta un’altra rivelazione: che il nostro apparire coincide con una elezione da parte di Dio Creatore e Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Lui ci ha scelti attrezzando la nostra umanità con il corredo della vita di Gesù che ci è trasmessa, perché la nostra vita, di creature e di figli, possa compiersi.

Se c’è una possibilità di sostenere la nostra debolezza è di continuare a guardarci con lo sguardo e il cuore di chi continua ad amarci, non nonostante le nostre colpe e infedeltà, ma proprio in esse, per convincerci, senza stancarsi, che siamo meritevoli del Suo amore immeritato.